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Lombra della maledizione

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Lombra della maledizione
Название: Lombra della maledizione
Дата добавления: 16 январь 2020
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Lombra della maledizione - читать бесплатно онлайн , автор Bujold Lois Mcmaster

 Da una grande maestra della narrativa fantastica, pi? volte vincitrice del premio Hugo, un potente racconto di mistero, magia e tradimento. Il destino di un cavaliere, della sua stirpe e di un regno tormentato. Provato nel corpo e nello spirito da una lunghissima prigionia, il comandante Lupe dy Cazaril ritorna nel regno di Chalion, in cui aveva servito come paggio, e viene nominato tutore di Royesse, bella e intelligente sorella dell’erede al trono. Ma quell’occasione di riscatto si trasforma presto in un incubo, poich? Cazaril scopre che a corte proprio quegli uomini che lo hanno tradito ora occupano posti di grande potere. E scopre soprattutto che l’intera stirpe di Chalion ? gravata da una terribile maledizione, che non pu? essere annullata se non con la magia pi? nera…

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«Come si può annullare questa maledizione?» domandò Cazaril, chiedendosi se quella fosse la vera spiegazione del fallimento di tutte le campagne militari avviate da Ias e da Orico.

«In sei anni, non mi è stata inviata nessuna risposta», sospirò Umegat. «Forse essa si estinguerà con la morte di tutti coloro che discendono da Fonsa.»

Ma… ciò vuol dire… Il Roya, Teidez… Iselle!

«O forse anche allora la maledizione continuerà a colare come un rivolo di veleno», continuò Umegat. «Avrebbe dovuto uccidere Orico già alcuni anni fa… Il contatto con le creature sacre riesce a purificarlo soltanto per breve tempo. Il serraglio serve unicamente a rimandare la sua distruzione, ma il Dio non mi ha mai rivelato il perché. Sai, gli Dei non scrivono lettere d’istruzioni, neppure per i loro santi. È una cosa che ho suggerito spesso, nelle mie preghiere, e sono perfino rimasto seduto per un’ora, con l’inchiostro che si seccava sulla penna, concentrato interamente nell’intento di servire lui. E cosa mi ha mandato invece il Bastardo? Un corvo sovreccitato e capace di dire un’unica parola.»

Cazaril ebbe un sussulto colpevole, perché la morte del povero corvo gli dava più dolore di quella di Dondo.

«Ecco. Questo è ciò che sto facendo qui», disse Umegat, scoccandogli un’occhiata penetrante. «Ora, vorresti dirmi cosa stai facendo tu, invece?»

«Non lo so», ammise Cazaril, allargando le mani in un gesto impotente. «Non porresti spiegarmelo tu? Hai detto… che risplendo. Somiglio a te? O a Iselle, o addirittura a Orico?»

«Non somigli a nulla che io abbia scorto da quando mi è stata concessa la vista interiore. Se Iselle è una candela, tu sei una conflagrazione… Guardarti crea qualche problema alla vista.»

«Non mi sento una… conflagrazione.»

«Come ti senti?»

«Adesso? Come un mucchio di letame, ubriaco e malato… Ho questi crampi al ventre che vanno e vengono», dichiarò Cazaril, facendo vorticare il vino sul fondo della coppa. In quel momento, il dolore pareva essersi placato, ma lo stomaco era sempre gonfio. «Inoltre sono stanco. Anche più di quando sono stato ricoverato nella Casa della Madre, a Zagosur.»

«Ritengo davvero molto importante che tu mi confidi la verità», disse Umegat, scandendo ogni parola. Le sue labbra stavano ancora sorridendo, ma gli occhi grigi parevano ardere di una luce interiore.

Cazaril si sorprese a pensare che un buon Inquisitore del Tempio doveva probabilmente essere gentile e abile nell’ottenere confidenze dalle persone su cui stava indagando. Nonché bravo nel farle ubriacare. Hai rinunciato alla tua vita, rifletté. Non è giusto piagnucolare per riaverla indietro. «La scorsa notte ho tentato una magia di morte contro Dondo dy Jironal», ammise infine.

«Sì. Dove?» chiese Umegat, che non appariva affatto sorpreso.

«Nella Torre di Fonsa. Sono strisciato sul tetto e mi sono portato dietro un ratto, mentre il corvo… Be’, è venuto lui da me. Era quello cui davo da mangiare.»

«Continua…» sussurrò Umegat.

«Ho ucciso il ratto con un coltello, ho spezzato il collo a quel povero corvo e ho pregato in ginocchio. Poi è cominciato il dolore… Non me l’aspettavo. È stata una sofferenza così intensa che non riuscivo a respirare. Le candele si sono spente, e io ho detto un ’grazie’, perché ho provato…» D’un tratto scoprì di non essere in grado di spiegare ciò che aveva provato. Era uno strano senso di pace, come se fosse stato disteso in un posto sicuro, dove avrebbe potuto riposare per sempre. «Poi sono svenuto, e ho creduto che per me fosse giunta la fine.»

«E dopo?»

«Dopo… nulla. Mi sono svegliato nella nebbia dell’alba, nauseato e infreddolito, sentendomi un perfetto idiota. No, un momento… Ho avuto un incubo in cui mi è sembrato che Dondo morisse soffocato. Però, quando ho capito di essere vivo, e di avere fallito, sono strisciato fino al mio letto. Poco dopo, dy Jironal ha fatto irruzione nella mia camera…»

Umegat tamburellò sul tavolo con le dita, fissando Cazaril con occhi socchiusi. Provò a chiudere le palpebre e di lì a poco tornò a sollevarle. «Mio signore, ti posso toccare?» domandò.

«Certamente…» assentì Cazaril

Il roknari si chinò su di lui e Cazaril, per un istante, temette che quello fosse un tentativo di entrare in intimità con lui. Ma il tocco di Umegat fu impersonale al pari di quello di un medico. La sua mano gli sfiorò la fronte, la faccia, il collo, la spina dorsale, il cuore e il ventre… Suo malgrado, Cazaril s’irrigidì, però la mano di Umegat non scese più in basso, e il suo volto s’incupì progressivamente col procedere dell’esame. Alla fine, lui andò a prendere un’altra caraffa di vino in un cesto posato vicino alla porta, prima di rimettersi a sedere.

«Ho bevuto abbastanza», protestò Cazaril, schermando la coppa. «Se continuo così, finirò per non reggermi in piedi.»

«Tra poco, i miei stallieri ti accompagneranno nella tua stanza», replicò Umegat. Poi, dopo aver riempito solo la propria coppa, indugiò a far scorrere le dita sulla tovaglia, tracciando lo stesso piccolo disegno, ripetuto tre volte. Cazaril non avrebbe saputo dire se si trattava di un incantesimo, o soltanto di una manifestazione di nervosismo.

«In base alla testimonianza resa dagli animali sacri, nessun Dio ha accettato l’anima di Dondo dy Jironal. Di norma, questo è un segno che uno spirito inquieto si aggira ancora nel mondo, e parenti, amici e nemici si affrettano a comprare riti e preghiere presso il Tempio, gli uni in suffragio dell’anima del defunto, gli altri per la loro protezione», mormorò Umegat.

«Sono certo che Dondo avrà tutte le preghiere che si possono comprare», commentò Cazaril, con una certa amarezza.

«Lo spero.»

«Perché? Cosa…» farfugliò il Castillar, non osando chiedere: Che vedi? Cosa sai?

Umegat sollevò lo sguardo su di lui e trasse mi profondo respiro. «Sappiamo che lo spirito di Dondo è stato preso dal demone della morte, ma non è stato trasmesso agli Dei. A mio parere, il demone della morte non è potuto tornare dal suo padrone perché gli è stato impedito di prendere la seconda anima, quella che avrebbe ripristinato l’equilibrio.»

«Gli è stato impedito?» esclamò Cazaril, spaventato, umettandosi le labbra.

«Ritengo che, nel momento in cui ha tentato di prendere la seconda anima, il demone sia stato catturato… vincolato o legato, se preferisci, da un secondo, simultaneo miracolo. A giudicare dai colori che ti ribollono intorno, esso dev’essere scaturito dalla sacra e aggraziata mano della Signora della Primavera. Se ho ragione, gli Accoliti del Tempio possono andare tutti a dormire tranquilli, perché lo spirito di Dondo non è in circolazione, è vincolato al demone della morte, che è a sua volta imprigionato nel luogo di residenza della seconda anima. E l’anima risiede attualmente nel proprio corpo, ancora vivente. Questo», concluse Umegat, protendendo un dito verso Cazaril.

A bocca aperta per lo stupore, il Castillar abbassò lo sguardo sul proprio ventre gonfio e dolente, poi lo riportò sul volto del… santo, che sembrava affascinato da quella situazione. Violente parole di diniego gli salirono alle labbra, ma vennero bloccate dalla vista della limpida, scintillante aura di Umegat. «Io non ho pregato la Figlia, la scorsa notte!» protestò.

«A quanto pare, qualcuno lo ha fatto.»

Iselle.

«La Royesse ha detto di aver pregato la Signora. Hai visto il suo aspetto, oggi?» chiese Cazaril, accompagnando le parole con una serie di gesti confusi, perché non sapeva come spiegare la ribollente perturbazione luminosa che avviluppava Iselle. «È questo ciò che scorgi in me? E Iselle mi vede come io vedo lei?»

«Te ne ha fatto parola?» domandò Umegat.

«No, ma del resto neppure io le ho detto nulla.»

«Quando ti trovavi nell’Arcipelago, ti è mai capitato di vedere una di quelle notti in cui il mare è toccato dalla Madre? Hai visto il modo in cui le acque risplendono di una scia verde al passaggio di una nave?»

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