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Lombra della maledizione

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Lombra della maledizione
Название: Lombra della maledizione
Дата добавления: 16 январь 2020
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Lombra della maledizione - читать бесплатно онлайн , автор Bujold Lois Mcmaster

 Da una grande maestra della narrativa fantastica, pi? volte vincitrice del premio Hugo, un potente racconto di mistero, magia e tradimento. Il destino di un cavaliere, della sua stirpe e di un regno tormentato. Provato nel corpo e nello spirito da una lunghissima prigionia, il comandante Lupe dy Cazaril ritorna nel regno di Chalion, in cui aveva servito come paggio, e viene nominato tutore di Royesse, bella e intelligente sorella dell’erede al trono. Ma quell’occasione di riscatto si trasforma presto in un incubo, poich? Cazaril scopre che a corte proprio quegli uomini che lo hanno tradito ora occupano posti di grande potere. E scopre soprattutto che l’intera stirpe di Chalion ? gravata da una terribile maledizione, che non pu? essere annullata se non con la magia pi? nera…

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«Davvero? Eppure mi avete appena detto di non aver più mangiato nulla da ieri mattina», obiettò Betriz. «Inoltre, la cameriera addetta alla vostra camera ha detto di aver trovato del sangue nel vostro pitale, stamattina, quando lo ha svuotato.»

«Per i demoni del Bastardo!» imprecò Cazaril. «I pettegolezzi di corte non rispettano proprio nulla? Qui un uomo non può definire suo neppure il proprio pitale?»

«Non scherzate, Lord Caz», lo ammonì Lady Betriz, sollevando una mano. «Ditemi piuttosto… state davvero così male?»

«Ho avuto dei dolori al ventre, ma adesso si stanno placando… Una cosa passeggera», rispose Cazaril, con una smorfia, decidendo di non far cenno alle allucinazioni. «Ovviamente, il sangue nel pitale era quello del ratto macellato, e i dolori al ventre sono l’inevitabile conseguenza dell’aver mangiato una creatura tanto disgustosa.»

«È una storia plausibile, in cui tutto combacia», annuì Betriz.

«Infatti.»

«Ma, Caz… La gente penserà che siete strano.»

«E quella gente si unirà a coloro che mi considerano un violentatore. Suppongo che mi serva una terza forma di perversione, per equilibrare le altre due, eh?» In realtà, potrei essere sospettato di aver messo in atto la magia di morte, e finire sulla forca… pensò.

«D’accordo, non intendo insistere», si arrese Betriz, con aria accigliata, fissandolo. «Però mi stavo chiedendo una cosa… Se due persone tentassero la magia di morte sulla stessa vittima e agissero nello stesso momento, potrebbe ciascuna delle due risultare… morta a metà

Cazaril la guardò, vide con sollievo che non appariva disgustata, e scosse il capo. «Non credo», rispose. «Considerati i numerosi, e vani, tentativi compiuti per forzare gli Dei con la magia di morte, senza dubbio una cosa del genere si sarebbe già verificata in passato. Nelle incisioni dei Templi, il demone della morte del Bastardo viene sempre raffigurato con un giogo sulle spalle e due secchi identici, uno per ciascuna anima. Non credo che il demone possa fare una scelta diversa…» D’un tratto rammentò le parole di Umegat: Soltanto perché una cosa è un trucco, non è detto che il Dio non c’entri. Temo che così funzionino le cose… «Dubito che perfino gli Dei possano fare una scelta diversa», concluse.

«Mi avete detto che, se stamattina non foste tornato, non avrei dovuto preoccuparmi per voi o cercarvi, che quello sarebbe stato il segno che andava tutto bene. E avete anche sostenuto che, se i corpi non vengono adeguatamente bruciati, possono accadere cose spettrali e terribili», gli ricordò Betriz.

«Avevo adottato misure di sicurezza», garantì Cazaril, a disagio.

«Quali misure? Siete sgusciato via, senza che coloro cui state a cuore sapessero dove cercarvi o se pregare per voi…»

«I corvi di Fonsa… La scorsa notte, ho scalato la Torre di Fonsa per… Ah, ecco… per pregare», mormorò Cazaril. «Ho pensato che se le cose fossero andate… in maniera diversa, i corvi avrebbero provveduto a fare pulizia, come fanno i loro confratelli sui campi di battaglia, o con una pecora caduta in un burrone.»

«Cazaril!» gridò Betriz, indignata, poi si affrettò ad abbassare la voce, riducendola quasi a un sussurro. «Caz, questo è… Mi state dicendo che siete strisciato via da solo per morire in preda alla disperazione, con la prospettiva di lasciare che il vostro corpo venisse divorato dai… Ma è orribile!»

«No, aspettate!» protestò Cazaril, sorpreso di vedere gli occhi di lei velarsi di lacrime. «Non è poi così terribile, e mi è parsa una cosa degna di un soldato.» Allungò la mano per asciugare le lacrime sulla guancia di lei, ma poi la lasciò ricadere con esitazione sul copriletto.

«Se mai farete di nuovo una cosa del genere senza dirmelo… senza dirlo a qualcuno… io… vi prenderò a schiaffi!» s’infuriò Betriz, serrando i pugni in grembo, poi si sfregò gli occhi, si passò le mani sul volto e si sedette più eretta, riportando bruscamente la voce a un tono colloquiale. «Il funerale dovrebbe tenersi nel Tempio, un’ora prima del tramonto. Intendete presenziarvi, oppure rimarrete a letto?»

«Se riuscirò a camminare, intendo essere presente sino in fondo», replicò Cazaril. «Ogni nemico di Dondo presenzierà al rito, se non altro per dimostrare di non essere lui il colpevole, quindi si tratterà di un evento notevole, cui varrà la pena di assistere.»

Le persone che assistettero al rito funebre per Dondo dy Jironal nel Tempio di Cardegoss furono molto più numerose di quelle che avevano partecipato al funerale del povero, solitario dy Sanda. Il Roya Orico in persona, abbigliato in colori adeguati alla circostanza, si mise alla testa del gruppo dei dolenti che, usciti dallo Zangre, scesero a piedi la collina in una lenta processione. Su una portantina c’era anche la Royina Sara. Sebbene inespressiva in volto quanto una statua intagliata in un blocco di ghiaccio, la Royina aveva scelto abiti dai colori vivaci, mescolando le tinte proprie di tre diverse festività, il tutto corredato da una vera profusione di gioielli. Pareva che Sara avesse indosso almeno la metà dei preziosi in suo possesso.

Naturalmente tutti finsero di non notare la cosa.

Cazaril continuò invece a osservare di nascosto la Royina per tutto il tragitto, ma non per quel suo abbigliamento bizzarro. Lui scrutava quel mantello d’ombra, simile a una nebbia e gemello di quello di Orico, che stuzzicava tormentosamente il suo occhio mentale. Anche Teidez possedeva un’analoga aura scura, che si spostava insieme con lui sull’acciottolato, segno che quella sorta di nero miraggio, qualsiasi cosa fosse, si estendeva a tutta la famiglia. Sempre più perplesso, Cazaril non poté fare a meno di chièdersi che cosa avrebbe visto se avesse posato lo sguardo sulla Royina Ista.

Il numero dei presenti risultò così elevato che la cerimonia, condotta dall’Arcidivino di Cardegoss in persona, avvolto nelle sue vesti a cinque colori, venne tenuta nel cortile principale del Tempio. La processione giunta dal palazzo dei dy Jironal depose il feretro contenente il corpo di Dondo a pochi passi dal focolare degli Dei, una rotonda piattaforma di pietra al di sopra della quale una tenda di rame con un foro centrale, retta da cinque sottili colonne, si levava a proteggere dagli elementi il fuoco sacro. Il crepuscolo di quel cupo giorno di pioggia tingeva l’aria di una caliginosa sfumatura violetta e diffondeva ovunque un’opaca luce grigiastra, pervasa dal sentore della miriade di incensi bruciati in preghiera e nei riti di purificazione.

Il cadavere di Dondo, composto nella bara e circondato da fiori ed erbe di buon augurio e di protezione simbolica — una precauzione che Cazaril giudicò un po’ tardiva — era stato abbigliato con le vesti azzurre e bianche proprie della sua carica di Santo Generale dell’Ordine militare della Figlia, e la spada che simboleggiava il suo rango era stata deposta sul suo petto, le mani chiuse intorno all’elsa. Sottovoce, dy Rinal aveva diffuso la diceria secondo cui il corpo era stato avvolto strettamente in fasce di lino prima di essere vestito, eppure esso non sembrava particolarmente gonfio o deformato. Anche il volto non era più gonfio di quanto lo fosse stato nelle mattine in cui Dondo si era trovato a smaltire i postumi di qualche sbornia. D’altro canto, il cadavere sarebbe stato arso con gli anelli ancora infilati nelle dita grassocce: per sfilarli, sarebbe stato necessario ricorrere a un coltello da macellaio.

Cazaril era riuscito a camminare dallo Zangre fino al Tempio senza incespicare, ma i crampi stavano tornando ad aggredirgli lo stomaco, che sembrava persino tendere la cintura. A disagio, il Castillar si mise in un posto abbastanza appartato, cioè alle spalle di Betriz e di Nan. Quanto a Iselle, venne accompagnata accanto a Orico e al Cancelliere: il suo breve fidanzamento rendeva infatti il suo lutto, almeno formalmente, più doloroso. Sotto il manto dell’aura scintillante nera e azzurra, che, agli occhi di Cazaril, la rendeva simile a un’aurora, la Royesse appariva cupa e pallida in volto. Il cadavere di Dondo sembrava aver smorzato in lei qualsiasi impulso a sconvenienti manifestazioni di gioia.

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