Incontro con Rama
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Come sar? il nostro primo incontro con una razza, una civilt? extraterrestre? Gli scettici dicono: non ci sar? mai. I pessimisti obiettano: gi? non riusciamo ad andare d'accordo fra noi, figurarsi con gli alieni. Nondimeno, milioni di uomini continuano a fantasticare appassionatamente su quel tema, e decine di scrittori a esplorarne tutte le varianti possibili. Questo Rama, questo corpo estraneo che si presenta un giorno nel nostro cielo, questo cilindro grandioso che ? astronave, relitto, museo, enigmatica e solenne cattedrale, si pu? considerare una delle invenzioni di maggior fascino mai create dalla fantascienza. E la bravura di Clarke, maestro di verosimiglianza cosmica, sta nel persuaderci col suo inimitabile piglio insieme avventuroso e scientifico, che si tratta anche di un'invenzione tutt'altro che «impossibile». Che proprio cos? andranno forse le cose, quando scoccher? l'ora del primo incontro.
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Perciò il mondo si dimenticò presto di Rama, ma non così gli astronomi. Il loro interesse andò aumentando col passare dei mesi, via via che il nuovo asteroide si rivelava sempre più strano e misterioso.
In primo luogo, si pose in evidenza il problema della fluttuazione della luminosità di Rama. Non esisteva.
Tutti gli asteroidi conosciuti, senza eccezione, mostravano una lenta variazione nel loro splendore che cresceva e diminuiva nel giro di poche ore. Da più di due secoli si sapeva che questo era il risultato inevitabile della loro rotazione e della loro forma irregolare. Mentre procedevano rotolando lungo le loro orbite, le superfici riflettenti rivolte verso il Sole cambiavano di continuo, e di conseguenza la loro luminosità variava.
Rama non presentava quelle variazioni. O non ruotava o era perfettamente simmetrico. Entrambe le ipotesi non erano molto convincenti.
La questione rimase sospesa per diversi mesi, perché nessuno dei potenti telescopi orbitanti poteva essere distolto dai suoi compiti di normale routine. L'astronomia spaziale era un passatempo costoso, e l'uso di quegli strumenti poteva costare anche mille dollari al minuto. Il dottor William Stenton non sarebbe mai riuscito a mettere le mani sul riflettore Farside da duecento metri per un intero quarto d'ora, se un importante programma di ricerca non avesse dovuto subire un rinvio per il guasto di un altro apparecchio. La iella di un astronomo fu la sua fortuna.
Stenton non seppe quello che aveva scoperto fino al giorno dopo, quando poté usufruire del calcolatore per elaborare i risultati delle osservazioni. E anche quando il risultato apparve sullo schermo che gli avevano messo a disposizione, passò qualche minuto prima che riuscisse ad afferrarne il senso.
La luce solare riflessa da Rama, dopotutto, non era costante nella sua intensità. C'era una piccolissima variazione, difficile da scoprire, ma inconfondibile ed estremamente regolare. Rama, come tutti gli altri asteroidi, ruotava, ma mentre il giorno normale di un asteroide durava alcune ore, quello di Rama era di soli quattro minuti.
Stenton eseguì alcuni rapidi calcoli, e rimase incredulo davanti ai risultati. All'equatore quel mondo minuscolo doveva ruotare a più di mille chilometri l'ora. Sarebbe stato molto pericoloso tentare un atterraggio in un qualsiasi punto diverso dai poli, in quanto la forza centrifuga all'equatore sarebbe stata così potente da respingere qualsiasi oggetto libero a un'accelerazione pari quasi alla gravità terrestre. Rama era una pietra rotolante su cui non sarebbe mai riuscito a depositarsi il muschio cosmico. Era già incredibile che un corpo come quello fosse riuscito a mantenersi compatto e non si fosse scisso in milioni di frammenti.
Un oggetto del diametro di quaranta chilometri, con un periodo di rotazione di soli quattro minuti… come poteva rientrare nello schema astronomico delle cose? Il dottor Stenton era un uomo dotato di fantasia, ma un po' troppo incline a saltare alle conclusioni, e in questo caso saltò a quella che gli avrebbe procurato qualche minuto alquanto spiacevole.
L'unico esemplare dello zoo celeste che si adattava alle caratteristiche di Rama era la stella spenta. Forse Rama era un sole morto, una sfera di neutronio che ruotava impazzita, ogni suo centimetro cubo pesava miliardi di tonnellate.
A questo punto, tornò improvvisamente all'inorridita memoria di Stenton l'intramontabile classico di H. G. Wells La stella. L'aveva letto per la prima volta da bambino, e quel libro aveva contribuito a destare il suo interesse per l'astronomia. Dopo duecento anni da quando era stato scritto, non aveva ancora perso niente del suo fascino e del suo orrore. Stenton non avrebbe mai dimenticato le immagini degli uragani, delle ondate di marea, delle città inghiottite dal mare, quando quell'altro visitatore venuto dalle stelle aveva urtato Giove e poi era precipitato in direzione della Terra.
D'accordo, la stella descritta da Wells non era fredda ma incandescente ed era stato il suo calore a provocare la maggior parte delle distruzioni. Ma importava poco: anche se Rama era un corpo freddo che rifletteva solo la luce del Sole, la sua forza di gravità avrebbe potuto essere altrettanto letale del fuoco.
Qualsiasi massa stellare che si introduca all'interno del sistema solare provoca una distorsione delle orbite planetarie. Basterebbe che la Terra si spostasse di pochi milioni di chilometri in direzione del Sole, o in senso opposto, perché il delicato equilibrio del clima andasse distrutto. La calotta antartica si scioglierebbe e tutte le zone pianeggianti verrebbero inondate; oppure gli oceani gelerebbero e il mondo diventerebbe prigioniero di un inverno senza fine. Basterebbe una piccola spinta in una delle due direzioni…
Poi Stenton si rilassò mandando un sospiro di sollievo. Quante sciocchezze… c'era da vergognarsi. Rama non poteva essere fatto di materia condensata. Nessuna massa di dimensioni stellari poteva penetrare tanto in profondità nel sistema solare senza produrre perturbazioni tali da essere rilevate già da tempo. Avrebbe influenzato l'orbita di tutti i pianeti… in fondo, era stato proprio così che gli astronomi avevano scoperto Nettuno, Plutone, e Persefone. No, era assolutamente impossibile che un oggetto tanto massiccio come un sole morto riuscisse ad arrivare fin lì senza che nessuno se ne fosse accorto.
Sotto un certo punto di vista, era un peccato, perché sarebbe stato eccitante incontrare una stella nera.
Finché durava…
3
La seduta straordinaria del Consiglio Spaziale Consultivo fu breve e tempestosa. Nemmeno nel ventiduesimo secolo era ancora stato scoperto il sistema per evitare che scienziati di una certa età e di idee retrograde occupassero posizioni amministrative d'importanza capitale. Anzi, c'è da temere che il problema non potrà mai essere risolto.
A peggiorare la situazione, il presidente di turno del CSC era il professore emerito Olaf Davidson, il celebre astrofisico. Al professor Davidson non interessavano gli oggetti di dimensioni inferiori alle galassie, e non si era mai preoccupato di nascondere le sue idiosincrasie. E sebbene dovesse ammettere che il novanta per cento della sua scienza si basava attualmente sulle osservazioni registrate da strumenti installati nello spazio, non se ne fidava molto. Almeno tre volte nel corso della sua fortunata carriera, i satelliti lanciati appositamente per confermare una sua teoria avevano ottenuto il risultato esattamente opposto.
La questione posta all'attenzione del Consiglio era abbastanza chiara. Senza dubbio, Rama era un oggetto insolito… ma era poi davvero importante? Entro pochi mesi sarebbe scomparso per sempre, quindi restava pochissimo tempo per agire. Le occasioni allora perdute non si sarebbero ripresentate mai più.
La sonda spaziale che, secondo i programmi, avrebbe dovuto essere lanciata dopo pochi giorni da Marte fin oltre Nettuno, con qualche costosa modifica avrebbe potuto invece essere inserita ad altissima velocità in un'orbita che l'avrebbe portata vicina a Rama. Non c'era da sperare in un incontro vero e proprio: sarebbe stato un contatto fulmineo, in quanto i due corpi si sarebbero sfiorati a una velocità di duecentomila chilometri orari. La sonda avrebbe avuto la possibilità di osservare Rama a breve distanza per pochi minuti, e a distanza ravvicinata solo per meno di un secondo. Ma con le apparecchiature adatte, l'esperimento sarebbe stato sufficiente a dare una risposta ai molti interrogativi che erano sorti.
Sebbene Davidson si fosse dimostrato contrario al lancio della sonda oltre Nettuno, il progetto fu approvato. Tuttavia, lui non vedeva il motivo di spendere altro denaro per un'impresa che non riteneva interessante. Parlò con eloquenza delle follie della caccia agli asteroidi, e dell'urgente necessità di un nuovo interferometro ad alta definizione da installare sulla Luna per cercare di avere una conferma definitiva alla teoria, tornata recentemente di moda, secondo cui l'origine dell'universo era dovuta al big bang.