Lombra della maledizione
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Da una grande maestra della narrativa fantastica, pi? volte vincitrice del premio Hugo, un potente racconto di mistero, magia e tradimento. Il destino di un cavaliere, della sua stirpe e di un regno tormentato. Provato nel corpo e nello spirito da una lunghissima prigionia, il comandante Lupe dy Cazaril ritorna nel regno di Chalion, in cui aveva servito come paggio, e viene nominato tutore di Royesse, bella e intelligente sorella dell’erede al trono. Ma quell’occasione di riscatto si trasforma presto in un incubo, poich? Cazaril scopre che a corte proprio quegli uomini che lo hanno tradito ora occupano posti di grande potere. E scopre soprattutto che l’intera stirpe di Chalion ? gravata da una terribile maledizione, che non pu? essere annullata se non con la magia pi? nera…
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«Sire, Lord Cancelliere», salutò Cazaril, con un inchino.
Dy Jironal si accarezzò la barba brizzolata e guardò Orico, prendendo la parola allorché questi si limitò a scrollare le spalle. «Castillar… Volete fare a sua maestà il favore di togliervi la tunica e girarvi?»
Con la gola serrata da un improvviso senso di disagio, Cazaril si limitò ad annuire e slacciò il colletto della tunica, sfilandosela insieme con la sopravveste e ripiegando il tutto su un braccio. Teso in volto, eseguì quindi un dietro-front in perfetto stile militare e rimase immobile. Alle proprie spalle, sentì due uomini sussultare.
«Ve l’avevo detto», borbottò poi una voce giovanile. «Io l’ho visto.»
Ah, dunque si trattava di quel paggio.
Sentendo qualcuno schiarirsi la gola, Cazaril attese che il rossore gli fosse svanito dalle guance prima di tornare a voltarsi. «È tutto, sire?» chiese in tono calmo.
«Castillar…» replicò Orico, agitandosi sulla sedia. «Si sussurra… Siete accusato… È stata formulata un’accusa… Pare che voi siate stato riconosciuto colpevole del crimine di stupro, a Ibra, e pubblicamente fustigato.»
«È una menzogna, sire. Chi lo afferma?» ribatté Cazaril, guardando Ser dy Maroc, che era leggermente impallidito.
Dy Maroc non era al soldo dei due fratelli dy Jironal e, per quanto ne sapeva Cazaril, non era neppure uno dei complici abituali di Dondo… Possibile che fosse stato corrotto per l’occasione? O che fosse onesto ma stupido?
«Anch’io voglio vedere mio fratello, e subito!» esclamò in quel momento una voce limpida e decisa, nel corridoio. «È nel mio diritto!»
Le guardie di Orico scattarono in avanti, poi si affrettarono a indietreggiare di nuovo quando la Royesse Iselle, seguita da una pallidissima Lady Betriz e da Ser dy Sanda, fece irruzione nella stanza.
Un semplice colpo d’occhio fu sufficiente a Iselle per capire cosa stava accadendo. «Cosa significa tutto questo, Orico?» esclamò. «Dy Sanda mi ha riferito che hai arrestato il mio segretario! E questo senza neppure avvertirmi!»
Mentre la bocca del Cancelliere dy Jironal assumeva una piega contrariata, a indicare che quell’intrusione non rientrava nei suoi piani, Orico agitò le mani grassocce in un gesto conciliatorio. «No, no, non lo abbiamo arrestato», garantì. «Nessuno è stato arrestato. Siamo qui riuniti soltanto per indagare su un’accusa.»
«Che genere di accusa?»
«È una cosa molto grave, Royesse, e non è adatta alle vostre orecchie», intervenne dy Jironal. «Sarebbe meglio se vi ritiraste.»
Ignorandolo, Iselle prese una sedia e vi si lasciò cadere, incrociando le braccia. «Se viene mossa una grave accusa contro un mio fidato servitore, la cosa è indubbiamente adatta alle mie orecchie. Cazaril, di cosa si tratta?»
«Alcune persone hanno messo in giro una voce diffamante», replicò Cazaril, inchinandosi. «Le cicatrici che ho sulla schiena sarebbero, a dir loro, la punizione che ho subito per un crimine da me commesso.»
«Lo scorso autunno, a Ibra», intervenne dy Maroc, con fare nervoso.
Un sussulto di Betriz, unito a un improvviso dilatarsi dei suoi occhi, indicò che, nell’aggirare Cazaril per seguire Iselle, anche lei aveva visto la devastazione presente sulla sua schiena. Accanto a lei, Ser dy Sanda sussultò a sua volta.
«Posso rimettermi la tunica, sire?» domandò Cazaril, impassibile.
«Sì, sì», concesse Orico.
«La natura del crimine in questione, Royesse, è tale da gettare gravi dubbi sul fatto che quest’uomo possa essere accettato come fidato servitore, presso di voi o presso qualsiasi altra dama», riprese dy Jironal, con disinvoltura.
«Di cosa lo accusate, di stupro?» esclamò Iselle, in tono sprezzante. «Cazaril? È la menzogna più assurda che abbia mai sentito.»
«Tuttavia quelle sono cicatrici lasciate da una fustigazione», sottolineò dy Jironal.
«Dono di un capo vogatore roknari, a causa di un mio sconsiderato atto di sfida», precisò Cazaril, a denti stretti. «È successo lo scorso autunno, al largo della costa di Ibra… Questi dettagli, se non altro, sono esatti.»
«Plausibile, eppure… strano», insistette dy Jironal, assorto. «Le crudeltà commesse sulle galee sono leggendarie, ma un capo vogatore competente si guarda bene dal danneggiare uno schiavo al punto di renderlo inutilizzabile.»
«L’ho provocato», spiegò Cazaril, con un accenno di sorriso.
«In che modo?» chiese Orico, appoggiandosi allo schienale della sedia e tormentandosi il doppio mento.
«Gli ho passato la mia catena intorno alla gola, cercando di strangolarlo. Ci sono quasi riuscito, ma mi hanno staccato da lui un po’ troppo presto.»
«Dei santissimi… Avete cercato di suicidarvi?» esclamò il Roya.
«Io… non lo so con certezza. A quel punto, credevo di non avere più la capacità d’infuriarmi, ma… Mi avevano dato un nuovo compagno di panca, un ragazzo ibrano di non più di quindici anni. Sosteneva di essere stato rapito, e io gli ho creduto, perché era chiaro che era di buona famiglia, curato, educato nel parlare… Si è riempito subito di vesciche e le sue mani hanno preso a sanguinare sui remi. Quel ragazzo — mi ha detto di chiamarsi Danni, ma non ho mai saputo il suo cognome — era spaventato, ma anche pieno di orgoglio e, quando il capo vogatore ha cercato di usarlo in un modo proibito ai roknari, lui lo ha colpito, prima che potessi fermarlo. Il suo è stato un gesto folle e sciocco, ma il ragazzo non si è reso conto delle conseguenze, e io ho pensato… Ecco, a dire il vero non avevo le idee molto chiare, ma ho pensato che se avessi colpito ancora più forte sarei riuscito a distrarre il capo vogatore, che non se la sarebbe presa con lui.»
«Attirando così la sua rappresaglia su di voi?» interloquì Betriz, meravigliata.
Cazaril si limitò a scrollare le spalle. Prima di passargli la catena intorno al collo, aveva sferrato al capo vogatore una ginocchiata all’inguine tale da garantire il sopirsi di ogni ardore amoroso per almeno una settimana. Non aveva riflettuto che quella settimana sarebbe passata, e che si sarebbe tornati al punto di partenza. «È stato un gesto inutile o, meglio, lo sarebbe stato, se per puro caso il mattino successivo non ci fossimo imbattuti nella flotta ibrana, che ci ha salvati tutti», concluse.
«In tal caso, avrete qualche testimone», osservò dy Sanda, in tono incoraggiante. «Dalla vostra storia, pare addirittura che ce siano parecchi: il ragazzo, gli schiavi sulla galea, i marinai ibrani… Sapete che ne è stato del ragazzo?»
«Non ne ho idea. Per parecchio tempo sono rimasto presso il Tempio Ospedale della Misericordia della Madre, a Zagosur, perché ero troppo malato per muovermi e, quando ne sono uscito, gli altri si erano sparpagliati chissà dove.»
«Una storia veramente eroica», commentò dy Jironal, in un tono sbrigativo, rammentando così implicitamente che quella era la versione di Cazaril. Poi si accigliò e fece correre lo sguardo sui presenti, soffermandosi per un momento su dy Sanda e sull’indignata Iselle, prima di aggiungere: «Tuttavia… Suppongo che voi potreste chiedere alla Royesse un mese di licenza per raggiungere Ibra e rintracciare alcuni di questi testimoni così convenientemente sparpagliati, sempre che vi sia possibile trovarli».
Lasciare le dame prive di protezione per un mese? E poi, avrebbe fatto ritorno o sarebbe stato assassinato e sepolto in una fossa nei boschi circostanti Cardegoss, lasciando che tutti a corte pensassero a una sua fuga e ne deducessero che era veramente colpevole? Accanto a Iselle, Betriz impallidì e si portò una mano alle labbra, ma il suo sguardo di fuoco rimase appuntato su dy Jironal, segno che almeno lei era disposta a credere alle parole di Cazaril e non ai segni sulla sua schiena.
«No», dichiarò Cazaril, raddrizzandosi. «Quest’accusa mi diffama ingiustamente, e la mia parola giurata si contrappone a qualsiasi diceria. A meno che abbiate prove più concrete dei semplici pettegolezzi di palazzo, respingo questa menzogna. Oppure… Da chi avete saputo questa storia? Ne avete rintracciato le origini? Chi è che mi accusa… Siete voi, dy Maroc?» E fissò il cortigiano con aria accigliata.