Lombra della maledizione
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Da una grande maestra della narrativa fantastica, pi? volte vincitrice del premio Hugo, un potente racconto di mistero, magia e tradimento. Il destino di un cavaliere, della sua stirpe e di un regno tormentato. Provato nel corpo e nello spirito da una lunghissima prigionia, il comandante Lupe dy Cazaril ritorna nel regno di Chalion, in cui aveva servito come paggio, e viene nominato tutore di Royesse, bella e intelligente sorella dell’erede al trono. Ma quell’occasione di riscatto si trasforma presto in un incubo, poich? Cazaril scopre che a corte proprio quegli uomini che lo hanno tradito ora occupano posti di grande potere. E scopre soprattutto che l’intera stirpe di Chalion ? gravata da una terribile maledizione, che non pu? essere annullata se non con la magia pi? nera…
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«Oh, state diffamando quella povera porcella, Royesse!» esclamò Lord dy Rinal. «Dopotutto, è possibile che anche lei sia vergine!»
«Dev’esserlo di certo, altrimenti non avrebbe strillato tanto», interloquì, ridendo, la dama che accompagnava dy Rinal.
«È un vero peccato che Lord Dondo non l’abbia trovata di suo gradimento», aggiunse dy Sanda, in tono acido. «Confesso di esserne sorpreso. Stando a quello che ho sentito dire sul suo conto, mi sarei aspettato che fosse pronto a dividere il letto con qualsiasi creatura.» E scoccò un’occhiata in tralice a Teidez, per verificare l’effetto che quelle parole avevano su di lui.
«E dopo che abbiamo inondato quella porcellina col mio miglior profumo darthacano, per di più!» sospirò Lady Betriz, nel cui sguardo il divertimento rivaleggiava con una rabbia bruciante e con una profonda soddisfazione.
«Dovevate dirmelo…» cominciò Cazaril, ma subito dopo si chiese cosa, esattamente, gli avrebbero dovuto dire. Era evidente che non gli avevano rivelato il tenore dello scherzo perché lui si sarebbe opposto. Allora dovevano forse riferirgli le insistenti pressioni di Dondo? Domandandosi fino a che punto quelle pressioni fossero diventate sgradevoli, Cazaril serrò i pugni sino ad affondare le unghie nei palmi, consapevole che non c’era nulla che lui poteva fare. Rivolgersi a Orico o alla Royina Sara sarebbe stato del tutto inutile…
«Sarà la storia più interessante della settimana in tutta Cardegoss», dichiarò Lord dy Rinal. «Era da anni che Lord Dondo non era più vittima di uno scherzo, e credo che fosse davvero ora di pareggiare i conti. Mi pare già di sentire la gente che si mette a esclamare oink al suo passaggio, e sono certo che per mesi lui non potrà mangiare maiale senza sentire intorno a sé quel verso. Royesse, Lady Betriz… Vi ringrazio dal profondo del cuore.»
I due cortigiani e la dama si congedarono dagli altri, probabilmente per raccontare lo scherzo agli amici ancora svegli.
«Royesse… Non è stata una mossa saggia», mormorò Cazaril, dopo aver represso gli altri commenti che gli erano saliti alle labbra.
Per nulla intimidita, Iselle si girò a guardarlo con espressione accigliata. «Quell’uomo indossa le vesti di un sacro generale dell’Ordine della Signora della Primavera, e tuttavia cerca di derubare le donne della loro verginità, sacra alla Dea, proprio come deruba… Ecco, avete detto che non ci sono prove delle sue altre ruberie, però in questo caso la Dea ci è testimone che abbiamo prove a sufficienza! Se non altro, l’episodio di stasera gli insegnerà quanto sia poco saggio derubare chi dipende da me. Dopotutto, si suppone che lo Zangre sia un palazzo reale, non un fienile!»
«Rallegratevi, Cazaril», aggiunse dy Sanda. «Lord Dondo non può certo vendicare la propria vanità offesa a spese del Royse e della Royesse.» Poi si guardò intorno e vide che Teidez si era allontanato lungo il corridoio per recuperare i nastri che il maialino aveva seminato durante la fuga. Allora abbassò la voce, prima di aggiungere: «Inoltre, è valsa la pena mostrare a Teidez il suo… eroe sotto una luce meno lusinghiera. Quand’è uscito incespicando dalla camera di Betriz, reggendosi i pantaloni, Lord Dondo ha trovato i nostri testimoni ad attenderlo e, nel passargli tra le gambe per fuggire, Lady Porcellina per poco non lo ha gettato a terra, facendogli fare la figura del perfetto idiota. È stata la lezione migliore che sono riuscito a impartire a Teidez in tutto il mese trascorso dal nostro arrivo, e adesso forse riusciremo a riguadagnare un po’ del terreno perduto».
«Prego che voi abbiate ragione», replicò Cazaril, con cautela, evitando di precisare che il Royse e la Royesse erano le uniche persone a essere al sicuro dalla vendetta di Dondo.
Nonostante i suoi timori, per parecchi giorni non ci furono segni di rappresaglie e Lord Dondo sopportò le battute di dy Rinal e dei suoi amici con aria tesa ma sorridente. A ogni pasto, Cazaril si sedette a tavola con l’aspettativa — quasi con la certezza — di veder servire un particolare maiale, arrostito e decorato con nastri. Non successe mai, eppure lui continuò a sentirsi tutt’altro che tranquillo, mentre Lady Betriz, che in un primo tempo si era lasciata contagiare dai suoi timori, adesso pareva calmissima. Contrariamente a lei, però, Cazaril aveva avuto ampia dimostrazione del fatto che Dondo, a onta del temperamento irascibile, era capace di aspettare a lungo l’occasione giusta per vendicarsi.
Con sollievo di Cazaril, entro una quindicina di giorni i cortigiani smisero d’imitare il verso del maiale nei corridoi del castello. Nuove feste, altre burle e pettegolezzi più freschi presero il posto dello scherzo giocato a Lord Dondo; col trascorrere dei giorni, Cazaril arrivò addirittura a sperare che Dondo avesse deciso d’inghiottire in silenzio l’amara medicina che gli era stata pubblicamente somministrata. Forse era stato merito del fratello, incline a considerare orizzonti più vasti della piccola società chiusa dentro le mura del castello di Zangre. Sì, poteva darsi che fosse intervenuto per smorzare la reazione di Lord Dondo… anche perché dall’esterno stavano giungendo notizie allarmanti. Si parlava di un intensificarsi della guerra civile nell’Ibra meridionale, di atti di banditismo nelle province e del fatto che il maltempo aveva bloccato i passi montani molto in anticipo rispetto al solito.
Alla luce di quei rapporti, Cazaril cominciò a pensare ai problemi logistici connessi al trasferimento della Royesse e del suo seguito, qualora la corte avesse lasciato il castello di Zangre in anticipo per trasferirsi presso la sua residenza invernale prima della Giornata del Padre. Era dunque seduto nel suo studio, intento a calcolare la quantità di cavalli e di muli necessari, quando uno dei paggi di Orico si presentò sulla porta dell’anticamera.
«Mio signore dy Cazaril… Il Roya vi chiede di raggiungerlo nella Torre di Ias», disse il giovane.
Inarcando le sopracciglia con aria sorpresa, Cazaril posò la penna e seguì il paggio, chiedendosi quale servizio intendesse richiedergli Orico, ben noto per le sue idee tanto improvvise quanto eccentriche. Già due volte, in precedenza, gli aveva ordinato di accompagnarlo nel serraglio, dove gli aveva fatto svolgere compiti più adatti a un paggio o a uno stalliere, come tenere un animale per la catena o andare a prendere le spazzole o il foraggio. Però… No, non si era trattato solo di quello: con aria apparentemente distratta, il Roya ne aveva approfittato anche per porgli domande ben mirate sul conto di sua sorella Iselle. Cazaril non si era fatto pregare, rivelando l’orrore di Iselle all’idea di poter essere data in sposa a qualche regnante dell’Arcipelago o a un altro principe roknari. Aveva spiegato ogni cosa con tatto, augurandosi che Orico lo stesse ascoltando più attentamente di quanto lasciava supporre il suo atteggiamento assonnato.
Preceduto dal paggio, Cazaril raggiunse la lunga stanza al secondo piano della Torre di Ias, che dy Jironal usava come Cancelleria quando la corte risiedeva al castello di Zangre. Era un ambiente rivestito di scaffali carichi di libri e di pergamene. Lì venivano ospitate anche le sacche da sella con sigillo utilizzate dai corrieri reali. All’arrivo di Cazaril, le due guardie in livrea, sull’attenti davanti alla porta, lo seguirono all’interno, tenendolo d’occhio.
Il Roya Orico era seduto insieme col Cancelliere dietro un grande tavolo coperto di documenti e aveva l’aria stanca; quanto a dy Jironal, abbigliato quel giorno come un semplice cortigiano, anche se con la catena simbolo della sua carica, appariva teso e attento. Un altro cortigiano, che Cazaril riconobbe come Ser dy Maroc, responsabile dell’armeria e del guardaroba reale, era fermo a un’estremità del tavolo, mentre dall’altra parte c’era uno dei paggi di Orico, che aveva l’aria molto preoccupata.
«È Castillar dy Cazaril, sire», annunciò il paggio che aveva accompagnato Cazaril, poi scoccò una rapida occhiata all’altro paggio e si addossò alla parete opposta, cercando di rendersi invisibile.