Lombra della maledizione
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Da una grande maestra della narrativa fantastica, pi? volte vincitrice del premio Hugo, un potente racconto di mistero, magia e tradimento. Il destino di un cavaliere, della sua stirpe e di un regno tormentato. Provato nel corpo e nello spirito da una lunghissima prigionia, il comandante Lupe dy Cazaril ritorna nel regno di Chalion, in cui aveva servito come paggio, e viene nominato tutore di Royesse, bella e intelligente sorella dell’erede al trono. Ma quell’occasione di riscatto si trasforma presto in un incubo, poich? Cazaril scopre che a corte proprio quegli uomini che lo hanno tradito ora occupano posti di grande potere. E scopre soprattutto che l’intera stirpe di Chalion ? gravata da una terribile maledizione, che non pu? essere annullata se non con la magia pi? nera…
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Ripercorsero per altre due volte la spiaggia, passando e ripassando sulle loro stesse orme, prima che Cazaril giungesse alla fine della sua storia. Ormai il sole, ridotto a un’incandescente sfera rossa, stava quasi toccando l’orizzonte marino e, col cambiare della marea, i frangenti, risalendo progressivamente la spiaggia scintillavano di scuri e splendidi colori. Il resoconto che Cazaril fornì a Bergon fu completo e sincero al pari di quello che lui aveva fatto a Ista, senza nessuna omissione — a parte la confessione della Royina -, neppure sulla sua spettrale persecuzione a opera di Dondo.
Quando infine tacque, il volto di Bergon, tinto di una sfumatura rossastra dal tramonto, aveva un’aria assorta. «Lord Cazaril, se queste cose mi fossero giunte dalle labbra di qualsiasi altro uomo, penso che non vi avrei dato credito. No, avrei ritenuto che si trattasse di un pazzo.»
«La follia può essere una conseguenza di questi eventi, Royse, però non ne è la causa. È tutto fin troppo reale… Avendo visto ogni cosa coi miei occhi, mi sento quasi annegare in tutta questa faccenda.» Non si poteva certo considerare una metafora riuscita, però il mormorio del mare, tanto vicino al suo orecchio, stava rendendo Cazaril sempre più nervoso. Si chiese se Bergon si fosse accorto di come, ogni volta che cambiavano direzione, lui badasse a interporlo tra sé e la risacca.
«Vorresti dunque trasformarmi nell’eroe di una favola per bambini, incaricato di salvare con un bacio una bella dama da un malvagio incantesimo», commentò Bergon.
«Ecco, credo che ci voglia qualcosa di più di un bacio», precisò Cazaril, schiarendosi la gola. «Per essere legalmente vincolante, un matrimonio dev’essere consumato, e suppongo che lo stesso valga dal punto di vista teologico.»
Il Royse gli scoccò un’occhiata indecifrabile e rimase in silenzio per un po’. «Ho visto all’opera la tua integrità, ed essa… ha ampliato il mio mondo», disse poi. «Io sono stato allevato da mio padre, che è un uomo cauto e prudente, sempre alla ricerca di motivazioni nascoste ed egoistiche. Nessuno lo può ingannare, però l’ho visto ingannarsi da solo, se capisci cosa intendo.»
«Sì.»
«Da parte tua, è stato molto stupido attaccare quell’ignobile roknari, sulla galea.»
«Sì.»
«E tuttavia, trovandoti nelle stesse circostanze, credo che lo rifaresti.»
«Sapendo quello che so adesso… sarebbe più difficile. Eppure spero… no, prego, Royse, che gli Dei mi infondano ancora quel genere di stupidità, qualora ne abbia bisogno.»
«Cos’è questa incredibile stupidità, che risplende più di tutto l’oro di mio padre? Caz, puoi insegnare anche a me come essere così stupido?»
«Oh, certo», sussurrò Cazaril.
Nella frescura della mattina seguente, Cazaril venne scortato nella luminosa camera di ricevimento affacciata sul mare per incontrare di nuovo la Volpe. Si trattò di un incontro privato, cui erano presenti soltanto lui, il Roya e il suo segretario, sistemato in fondo al tavolo con davanti una pila di carta, parecchie penne nuove e un’adeguata scorta d’inchiostro. Seduto al lato lungo del tavolo, la Volpe stava giocherellando con una splendida scacchiera di malachite, marmo bianco e onice, i cui pezzi erano costituiti da piccole, squisite sculture di corallo e di giada. Al suo ingresso, Cazaril s’inchinò e, in risposta a un cenno del Roya, prese posto al tavolo, di fronte a lui.
«Sai giocare?» domandò la Volpe.
«No, mio signore», rispose tristemente Cazaril. «O, per meglio dire, sono un giocatore assai modesto.»
«Ah, un vero peccato», commentò il Roya, spingendo la scacchiera di lato. «Bergon è rimasto molto colpito dalla descrizione che gli hai fatto di questo campione di bellezza che avete a Chalion. Sai fare bene il tuo lavoro, ambasciatore.»
«Lo spero.»
«Un documento straordinario», proseguì il Roya, posando la mano sulla lettera di accredito di Iselle, accanto a sé. «Sai che vincola la Royesse a qualsiasi cosa tu sia disposto a firmare in suo nome?»
«Sì, mio signore.»
«Saprai anche che la sua autorità, nell’attribuirti un simile potere, è discutibile. Tanto per cominciare, c’è la questione della sua età.»
«Ebbene, signore, se non le riconoscete il diritto di contrattare il proprio matrimonio, suppongo che non mi resti altro da fare se non montare a cavallo e tornare a Chalion.»
«No, no, non ho detto che sono io a metterlo in discussione!» esclamò il vecchio Roya, con una sfumatura di panico nella voce.
«In effetti, signore, trattare con me significa riconoscere pubblicamente la sua autorità», replicò Cazaril, reprimendo un sorriso.
«Sì, è vero, è proprio vero. I giovani sono così fiduciosi, ed è per questo che noi persone più mature dobbiamo salvaguardare i loro interessi», annuì il Roya, poi raccolse un elenco che Cazaril gli aveva dato la notte precedente e aggiunse: «Ho studiato le clausole da te suggerite per il contratto di matrimonio. Abbiamo molte cose di cui discutere».
«Vi prego di scusare la precisazione, signore, ma quelle clausole non sono suggerimenti, bensì requisiti. Se ne volete proporre altre, sono disposto ad ascoltarvi.»
«Non dirai sul serio», protestò la Volpe, inarcando le sopracciglia. «Per esempio, il punto relativo all’ereditarietà nel periodo in cui il loro Erede — se gli Dei concederanno loro di generarne uno — non avesse ancora raggiunto la maggiore età… Basterebbe un’accidentale caduta da cavallo perché la Royina di Chalion diventasse la reggente di Ibra! Non è accettabile. Bergon dovrà affrontare i rischi del campo di battaglia, cosa che non si può dire di sua moglie.»
«Ecco, speriamo che non lo si possa dire davvero. D’altro canto, a meno che io non sia male informato sulla storia di Ibra, mio signore, non è forse vero che la madre del Royse è uscita vincitrice da due assedi?»
La Volpe si schiarì la gola, incapace di obiettare.
«In ogni caso, a nostro parere i rischi sono reciproci e tale dev’essere anche la clausola», proseguì Cazaril. «Iselle infatti dovrà affrontare i pericoli connessi al parto, cosa che non si verificherà mai per Bergon. Basterebbe un parto andato male e Bergon diventerebbe reggente di Chalion. Quante delle vostre mogli vi sono sopravvissute, mio signore?»
La Volpe trasse un profondo respiro, poi cambiò argomento. «Veniamo allora alla clausola relativa al titolo di cui si fregeranno.»
Pochi minuti di pacata discussione furono sufficienti a dimostrare che Bergon dy Ibra-Chalion non suonava meglio di Bergon dy Chalion-Ibra, e anche quella clausola venne lasciata intatta.
«A quanto mi è dato di capire, tu sei un uomo privo di possedimenti, Lord Cazaril», osservò allora la Volpe, con un’espressione pensosa. «Come mai la Royesse non ti ha ricompensato come si addice a un uomo del tuo rango?»
«Le ricompense che elargisce sono adeguate al suo rango», replicò Cazaril. «Iselle non è ancora Royina di Chalion.»
«Capisco. Io, d’altro canto, sono l’attuale Roya di Ibra, e ho il potere di dispensare… molte ricompense.»
Cazaril si limitò a sorridere.
Incoraggiato, la Volpe gli descrisse un’elegante villa affacciata sul mare, posando nel contempo sul tavolo, davanti a loro, un castello di corallo. Volendo capire fin dove il suo interlocutore intendesse spingersi, Cazaril si trattenne dal sottolineare che la vista sul mare non era di suo gradimento. La Volpe parlò di cavalli di razza e di una tenuta su cui farli pascolare, e, mentre sottolineava che la terza clausola gli appariva assai poco appropriata, avvicinò al castello di corallo alcuni cavalieri di giada. Pungolato dai mormorii inarticolati di Cazaril, il Roya accennò con delicatezza a somme di denaro grazie alle quali un uomo avrebbe potuto vestirsi come si conveniva a un nobile ibrano dal rango molto più elevato di quello di Castillar, suggerendo una formulazione più adeguata per la sesta clausola e aggiungendo al resto un castello di giada, mentre il segretario prendeva una serie di annotazioni.