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Lombra della maledizione

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Lombra della maledizione
Название: Lombra della maledizione
Дата добавления: 16 январь 2020
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Lombra della maledizione - читать бесплатно онлайн , автор Bujold Lois Mcmaster

 Da una grande maestra della narrativa fantastica, pi? volte vincitrice del premio Hugo, un potente racconto di mistero, magia e tradimento. Il destino di un cavaliere, della sua stirpe e di un regno tormentato. Provato nel corpo e nello spirito da una lunghissima prigionia, il comandante Lupe dy Cazaril ritorna nel regno di Chalion, in cui aveva servito come paggio, e viene nominato tutore di Royesse, bella e intelligente sorella dell’erede al trono. Ma quell’occasione di riscatto si trasforma presto in un incubo, poich? Cazaril scopre che a corte proprio quegli uomini che lo hanno tradito ora occupano posti di grande potere. E scopre soprattutto che l’intera stirpe di Chalion ? gravata da una terribile maledizione, che non pu? essere annullata se non con la magia pi? nera…

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«Ah!» esclamò la Volpe. «Allora sei quel Cazaril, vero?»

Lui s’inchinò a titolo di conferma, chiedendosi cosa sapesse il Roya di quell’infruttuosa campagna. Poi scosse la tunica per liberarla dalle pieghe, e Bergon lo aiutò a rivestirsi. Guardandosi intorno, Cazaril constatò che tutti i presenti lo stavano fissando con stupore, perfino Ferda e Foix, sorpresi dal suo ampio sorriso, che faticava a non trasformarsi in una gioiosa risata. Sotto quella risata repressa, però, si celava un nuovo terrore, cui lui non riusciva neppure a dare un nome. Da quanto tempo i miei passi sono stati avviati su questa particolare strada? pensò, con sgomento. Quindi tirò fuori l’ultima lettera che aveva con sé e la porse al Royse Bergon con un profondo inchino.

«Come attesta il documento che il tuo rispettabile padre ha in mano, mi trovo qui come portavoce di una splendida e orgogliosa dama, inviato non solo e non tanto a lui, ma soprattutto a te, in quanto l’Erede di Chalion chiede di poterti avere come sposo», spiegò, consegnando la lettera sigillata allo sconcertato Bergon. «Al riguardo, lascerò che sia la Royesse Iselle a parlare per se stessa, giacché è quanto mai indicata a farlo grazie al suo singolare intelletto, al suo diritto naturale e al suo santo scopo. Più tardi, Royse, avrò molte altre cose da dirti.»

«Sono impaziente di ascoltarle, Lord Cazaril», garantì Bergon. Scoccando un’occhiata piena di tensione in giro per la stanza, s’isolò vicino a una porta-finestra, rompendo il sigillo e leggendo immediatamente la lettera, con un’espressione sempre più meravigliata che gli addolcì i lineamenti.

Lo stupore era presente anche sul volto della Volpe, il quale però sembrava tutt’altro che addolcito. Nel guardarlo, Cazaril ebbe la certezza che la sua mente stava lavorando a ritmo serrato, e si augurò che la propria si rivelasse all’altezza di quel duello.

Naturalmente, quella sera Cazaril e i suoi compagni vennero invitati nella sala dei banchetti del Roya. Verso il tramonto, Cazaril e Bergon scesero a passeggiare insieme sulla spiaggia sottostante la fortezza. Ben sapendo che quella sarebbe stata la cosa più simile a una conversazione privata che potesse ottenere, Cazaril segnalò ai fratelli dy Gura di tenersi più indietro lungo il sentiero sabbioso, in modo da non essere a portata di udito. Il rombo sordo della risacca copriva le loro voci, mescolandosi alle strida di alcuni gabbiani — strida penetranti quanto quelle dei corvi -, che calavano in picchiata sul mare o becchettavano in mezzo ai rifiuti sospinti dalle onde sulla sabbia umida. Soltanto allora Cazaril rammentò che, a Ibra, quegli uccelli dai freddi occhi dorati erano sacri al Bastardo.

Anche Bergon aveva ordinato alla sua scorta, pesantemente armata, di tenersi a distanza. Cazaril si rese conto che quella scorta era una precauzione divenuta ormai un’abitudine, nata dal fatto che quella terra era appena uscita da una guerra civile, in cui Bergon era stato nel contempo un giocatore e una pedina… Benché si potesse sostenere che, come pedina, si era manovrata da sola.

«Non dimenticherò mai la prima volta che ti ho visto… quando mi hanno scaricato accanto a te, sulla panca della galea. Per un momento, mi hai fatto più paura degli stessi roknari», rise Bergon.

«Soltanto perché ero uno sporco, ustionato spaventapasseri coperto di croste, peloso e puzzolente», sorrise Cazaril.

«Qualcosa del genere», ammise Bergon. «Poi però hai sorriso e mi hai detto: ’Buonasera, giovane signore’, come se mi stessi invitando a dividere con te la panca di una taverna e non quella di una galea.»

«Ecco… Eri una novità, e non ne vedevamo molte.»

«In seguito, ci ho riflettuto molto, però, a quel tempo, non sono certo di aver pensato con molta chiarezza…»

«È ovvio. Al tuo arrivo, era evidente che eri stato maltrattato.»

«Infatti. Ero stato rapito, ero spaventato… ed ero stato picchiato sul serio per la prima volta nella vita… Però tu mi hai aiutato, spiegandomi come tirare avanti, cosa aspettarmi e come sopravvivere. Per due volte mi hai dato dell’acqua in più, tolta dalla tua razione…»

«Solo se non ne avevo bisogno. Mi ero ormai abituato a quella temperatura torrida, e non potevo comunque prosciugarmi più di quanto non avessi già fatto. Dopo qualche tempo, s’impara a riconoscere la differenza tra il semplice disagio e l’espressione febbricitante di un uomo prossimo al collasso, ed era molto importante che tu non svenissi al remo.»

«Sei stato gentile.»

«Perché non avrei dovuto?» ribatté Cazaril, scrollando le spalle. «Cosa mi costava, dopotutto?»

«Chiunque può essere gentile, quando ha tutte le comodità», obiettò Bergon, scuotendo il capo. «Ecco perché avevo sempre considerato la gentilezza una virtù insignificante. Quando però eravamo affamati, assetati, malati, spaventati, con la morte che ci gridava all’orecchio, nel bel mezzo dell’orrore più assoluto, tu hai continuato a essere cortese, proprio come un gentiluomo seduto in tutta comodità vicino al proprio focolare.»

«Certi eventi sono orribili o inevitabili, ma gli uomini hanno sempre un’alternativa… Se sottrarsi a essi è impossibile, allora possono decidere come sopportarli.»

«Sì, ma… non ne sono stato consapevole finché non l’ho visto. È stato allora che ho cominciato a credere che fosse possibile sopravvivere, e non mi riferisco soltanto al mio corpo.»

«Sai, a quell’epoca, i roknari erano convinti che fossi quasi del tutto domato», gli confidò Cazaril, con un breve sorriso.

Bergon scosse il capo e sollevò con lo stivale una pioggerella di sabbia argentea, mentre il sole al tramonto accentuava i riflessi ramati dei suoi scuri capelli darthacani.

A Chalion, la madre del Royse era stata considerata una donna energica, un’intrusa darthacana che voleva soltanto inasprire la lotta fra il marito e il suo Erede a favore del proprio figlio. Bergon tuttavia pareva ricordarla con affetto. Da bambino, aveva vissuto insieme con lei due assedi, isolato dai soldati del padre nel corso delle guerre scoppiate tra questi e il suo fratellastro, ed era evidentemente abituato alle donne risolute che intervenivano nei consigli indetti dagli uomini. All’epoca in cui lui e Cazaril erano incatenati allo stesso remo, Bergon aveva parlato spesso della madre morta quando cercava di farsi coraggio, però non aveva mai accennato al padre, dimostrando così, in quei giorni funesti, un’intelligenza e un autocontrollo quanto mai precoci che, a parere di Cazaril, erano stati direttamente ereditati dalla Volpe.

«Permettimi di parlarti della Royesse Iselle di Chalion», suggerì Cazaril, con un ampio sorriso.

Bergon bevve con avidità ogni sua parola, mentre lui descriveva i capelli color ambra di Iselle, i suoi luminosi occhi azzurri, la bocca ampia e ridente, la sua perizia di amazzone e la sua erudizione. Parlò quindi del suo coraggio e della sua determinazione, nonché della rapidità con cui sapeva valutare un’emergenza. Nel complesso, vendere Iselle a Bergon risultò difficile quanto vendere del cibo a un affamato, dell’acqua a un assetato o un mantello a chi si trovasse nudo in mezzo a una tormenta, e tutto ciò senza neppure alludere al fatto che Iselle avrebbe ereditato una royacy. A guardarlo, il ragazzo sembrava già quasi innamorato, ma la vera sfida sarebbe stata la Volpe, che avrebbe indubbiamente sospettato un tranello. Ovviamente Cazaril non aveva nessuna intenzione di rivelare la natura di quel tranello alla Volpe di Ibra, ma con Bergon le cose erano diverse: lui aveva diritto di sapere la verità.

«Dietro la supplica della Royesse Iselle si cela un’urgenza motivata da una più cupa minaccia», spiegò, mentre arrivavano in fondo alla spiaggia a forma di mezzaluna e si giravano per tornare indietro. «Sto per dirti una cosa estremamente riservata, e lei spera di poter confidare sul tuo riserbo di marito, giacché si tratta di qualcosa che tu solo hai diritto di sapere.» Cazaril respirò a fondo l’aria marina e fece appello a tutto il suo coraggio, poi proseguì: «Tutto risale alla guerra tra Fonsa l’Abbastanza Saggio e il Generale Dorato…»

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