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Un cantico per Leibowitz

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Un cantico per Leibowitz
Название: Un cantico per Leibowitz
Дата добавления: 16 январь 2020
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Un cantico per Leibowitz - читать бесплатно онлайн , автор Miller Walter Michael

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Questa volta occorse più tempo per scacciare l'Oscurità, ma era necessario che lo spiegasse a Pat, prima di sprofondarvi.

— Ascoltate, Pat, perché… perché sono stato a dirvi che la bambina doveva… è perché io. Voglio dire. Voglio dire che Gesù non chiese mai a un uomo di fare una sola cosa che Gesù non fece. Ma è lo stesso, perché io… Perché non posso lasciar perdere, Pat?

Batté le palpebre, più volte. Pat svanì. Il mondo si congelò di nuovo e l'oscurità scomparve. In qualche modo aveva scoperto di che cosa aveva paura. C'era qualcosa che doveva compiere prima che quella Oscurità si chiudesse sopra di lui. "Mio Dio, lasciami vivere abbastanza per compierlo". Aveva paura di morire prima di aver accettato tanta sofferenza quanta si era abbattuta sulla bimba che non la poteva capire, la bimba che aveva tentato di salvare per un'ulteriore sofferenza… no, non per quella, ma a dispetto di quella. Aveva comandato la madre in nome di Cristo. Non aveva sbagliato. Ma ora aveva paura di scivolare in quell'oscurità prima di aver sopportato quanto Dio poteva aiutarlo a sopportare.

Quem patronum rogaturus,
Cum vix justus sit securus?

"Sia per la bambina e per sua madre, allora. Ciò che io ho imposto, io devo accettare. Fas est."

La decisione sembrò diminuire il dolore. Giacque, quietamente, per qualche tempo, poi, cautamente, guardò di nuovo dietro di sé, al mucchio di pietre. Erano più di cinque tonnellate. C'erano diciotto secoli lì. L'esplosione aveva aperto le cripte, perché notò alcune ossa bloccate fra le rocce. Tese la mano libera, incontrò qualcosa di liscio, e finalmente riuscì a liberarlo. Lo lasciò cadere sulla sabbia, accanto al ciborio. Mancava la mandibola, ma il cranio era intatto, ad eccezione di un foro sulla fronte, da cui spuntava una scheggia di legno secco e semi putrefatto. Sembrava l'avanzo di una freccia. Il cranio pareva molto antico.

— Fratello — sussurrò, perché nessuno, tranne un monaco dell'Ordine, poteva essere stato sepolto in quelle cripte.

Che cosa hai fatto per loro, Osso? Hai insegnato loro a leggere e a scrivere? Li hai aiutati a ricostruire, hai dato loro Cristo, li hai aiutati a restaurare una civiltà? Hai ricordato di avvertirli che non avrebbe mai potuto essere un Eden? Naturalmente lo hai fatto. Sii benedetto, Osso, pensò, e tracciò un segno della Croce sulla sua fronte con il pollice. Per tutte le tue fatiche, ti hanno ripagato con una freccia fra gli occhi. Perché qui c'è ben più di cinque tonnellate e diciotto secoli di pietre. Immagino che vi siano circa due milioni di anni, là… sin dal primo Homo inspiratus.

Udì di nuovo la voce… la sommessa voce-eco che gli aveva risposto poco prima. Questa volta venne in una specie di cantilena infantile: "la la la, la-la-la…".

Anche se pareva la stessa voce che aveva udito nel confessionale, senza dubbio non poteva essere la signora Grales. La signora Grales aveva perdonato Dio ed era corsa a casa, se era uscita dalla cappella in tempo… e ti prego di perdonare il rovesciamento, Signore. Ma non era sicuro neppure di aver rovesciato la frase. Ascolta, Vecchio Osso, avrei dovuto parlare così a Cors? Ascoltate, mio caro Cors, perché non perdonate a Dio di permettere la sofferenza? Se Lui non la permettesse, il coraggio, la nobiltà, l'abnegazione umana sarebbero cose prive di significato. Inoltre, voi sareste senza lavoro, Cors.

Forse è questo che abbiamo dimenticato di dire, Osso. Bombe e collere, quando il mondo è amareggiato, perché rimane privo di un Eden ricordato a metà. L'amarezza era essenzialmente contro Dio. Ascolta, Uomo, devi rinunciare all'amarezza… "concedere perdono a Dio", direbbe lei… prima di qualunque altra cosa… prima di amare.

Ma le bombe e le collere. Quelle non perdonano.

Dormì, un poco. Era un sonno naturale e non l'orribile nulla dell'Oscurità che afferrava la mente. Cadde una pioggia che cancellò la polvere. Quando si svegliò, non era solo. Levò la guancia dal fango e le guardò, bruscamente. Erano tre, posate sul mucchio di macerie e lo guardavano con funerea solennità. Si mosse. Distesero le ali nere e sibilarono, nervosamente. Gettò contro di loro un pezzetto di pietra. Due si levarono e volarono in cerchio, ma la terza rimase dov'era, zampettando e sbirciandolo gravemente. Un uccello scuro e brutto, ma non simile all'Altra Oscurità. Questo desiderava soltanto il corpo.

— Il pranzo non è ancora pronto, fratello uccello — disse irritato. — Dovrai aspettare.

Non avrebbe dovuto pensare a molti pasti, osservò, prima che l'uccello diventasse il pasto per qualcun altro. Le sue penne erano bruciacchiate dalla vampata, e teneva un occhio chiuso. L'uccello era fradicio di pioggia, e l'abate pensò che anche la pioggia era piena di morte.

— la la la, la-la-la aspettate aspettate aspettate che si spenga…

La voce ritornò. Zerchi aveva temuto che fosse una allucinazione. Ma anche l'uccello l'udiva. Continuava a sbirciare qualcosa al di fuori della portata dello sguardo di Zerchi. Alla fine emise un sibilo rauco e prese il volo.

— Aiuto! — gridò, debolmente.

— Aiuto! — pappagallò la strana voce.

E la donna con due teste comparve, girando attorno a un mucchio di macerie. Si fermò e guardò Zerchi.

— Grazie a Dio! Signora Grales! Guardate se potete trovare Padre Lehy…

— grazie a Dio signora Grales guardate se potete…

Batté le palpebre per rimuovere il sangue dagli occhi e l'osservò attentamente.

— Rachel — mormorò.

— rachel — rispose la creatura.

Si inginocchiò davanti a lui e si appoggiò sui calcagni. L'osservò con freschi occhi verdi e sorrise innocentemente. Gli occhi erano desti, carichi di stupore, di curiosità… e forse di qualcosa d'altro… ma a quanto pareva non sembrava capire che lui soffriva. C'era qualcosa, in quegli occhi, che gli impedì di notare qualunque altra cosa per parecchi secondi. Ma poi notò che la testa della signora Grales dormiva sonoramente sull'altra spalla, mentre Rachel sorrideva. Era un sorriso giovane e timido, che sperava amicizia. Ritentò.

— Sentite, è rimasto vivo qualcun altro? Andate…

Melodiosa e solenne venne la sua risposta: — sentite è rimasto vivo qualcun altro… — Lei assaporava le parole. Le enunciava distintamente. Sorrideva su di esse. Era più che un'imitazione riflessa, decise. Stava cercando di comunicare qualcosa. Attraverso quella ripetizione, stava cercando di portargli l'idea: Io sono un po' simile a te.

Ma lei era appena nata.

"E tu sei anche diversa, in un certo senso", notò Zerchi, con una sfumatura di timore. Ricordava che la signora Grales aveva l'artrite alle ginocchia, ma il corpo che le era appartenuto adesso stava inginocchiato là, appoggiato sui calcagni, nella sciolta posa della gioventù. E poi, la pelle rugosa della vecchia sembrava meno grinzosa di prima, e sembrava splendere un poco, come se il vecchio tessuto coriaceo fosse di nuovo vivificato. Improvvisamente notò il braccio di lei.

— Sei ferita!

— sei ferita.

Zerchi indicò il braccio di lei. Invece di guardare dove lui indicava, imitò il suo gesto, guardandogli il dito e tendendo il proprio per toccarlo… servendosi del braccio ferito. C'era pochissimo sangue, ma c'erano almeno una dozzina di tagli, uno dei quali sembrava profondo. Zerchi le tirò il dito, per avvicinare il braccio. Ne trasse cinque schegge di vetro rotto. Forse lei aveva spinto il braccio attraverso una finestra o, più probabilmente, si era trovata sulla traiettoria di una finestra che esplodeva, quando c'era stato lo scoppio. Solo una volta, quando tolse una lancia di vetro lunga un pollice apparve una traccia di sangue. Quando tolse gli altri frammenti, lasciarono minuscoli segni azzurri, senza emorragia. Quell'effetto gli ricordò una dimostrazione di ipnosi cui aveva assistito una volta, di qualcosa che aveva rifiutato come un'impostura. Quando guardò di nuovo il volto di lei, il suo timore crebbe. Continuava a sorridergli, come se la rimozione delle schegge di vetro non le avesse causato alcun fastidio.

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