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Un cantico per Leibowitz

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Un cantico per Leibowitz
Название: Un cantico per Leibowitz
Дата добавления: 16 январь 2020
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Un cantico per Leibowitz - читать бесплатно онлайн , автор Miller Walter Michael

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La udì mormorare, dall'altra parte della griglia. In fretta sussurrò una assoluzione: — Te absolvat Dominus Jesus Chistus: ego autem eius autorictate te absolvo ab omni vinculo… Denique, si absolvi potes, ex tuis ego te absolvo in Nomine Patris…

Prima che finisse, una luce splendette attraverso la spessa cortina del confessionale. La luce divenne più fulgida e più fulgida, fino a che il confessionale fu pieno del chiarore di mezzogiorno. La cortina cominciò a fumare.

— Aspettate! — sibilò. — Aspettate che si spenga.

— Aspettate aspettate aspettate che si spenga — fece eco una strana voce sommessa, oltre la griglia. Non era la voce della signora Grales.

— Signora Grales? Signora Grales?

Lei rispose in un mormorio assonnato, con la lingua spessa.

— Non ho mai voluto… non ho mai voluto… mai amore… Amore… — Il mormorio si smorzò. Non era la stessa voce che gli aveva risposto un attimo prima.

— E adesso, presto, correte!

Senza aspettare di vedere se lei l'aveva ascoltato, si lanciò fuori del confessionale e lungo la corsia, verso l'altare. La luce si era smorzata, ma bruciava ancora la pelle con lo splendore meridiano. "Quanti secondi rimanevano?" La chiesa era piena di fumo.

Entrò nel santuario, inciampò nel primo gradino, definì questo una genuflessione, e andò all'altare. Con mani frenetiche, tolse il ciborio pieno di Cristo dal tabernacolo, si genuflesse di nuovo davanti alla Presenza, afferrò il Corpo di Dio e corse.

L'edificio gli crollò addosso.

Quando rinvenne, non c'era altro che polvere. Era inchiodato al suolo fino alla cintura. Giaceva sul ventre; cercò di muoversi. Un braccio era libero, ma l'altro era prigioniero del peso che l'inchiodava. La mano libera stringeva ancora il ciborio, che si era rovesciato nella caduta; il coperchio si era staccato, spargendo intorno molte Ostie.

L'esplosione l'aveva scagliato fuori della chiesa, pensò. Giaceva sulla sabbia, e vedeva i resti di un rosaio travolto dalla frana delle pietre. Una rosa era ancora attaccata a un ramo… una delle Armene color salmone, notò. I petali erano bruciacchiati.

C'era un grande ruggito di motori, nel cielo, e luci azzurre continuavano ad ammiccare, attraverso la polvere.

Dapprima non sentì dolore. Cercò di girare il collo per dare un'occhiata al mostro che lo teneva prigioniero, ma poi cominciò a soffrire. Gli occhi gli si annebbiarono. Gridò, sommessamente. Non si sarebbe più voltato. Cinque tonnellate di pietra lo tenevano inchiodato. Tenevano fermo ciò che rimaneva di lui, al di sotto della cintura.

Cominciò a raccogliere le Ostie. Mosse il braccio libero, goffamente. Con cautela, le raccolse, una ad una, dalla sabbia. Il vento minacciava di spargere intorno quelle minuscole scaglie di Cristo. Comunque, Signore, io ho tentato, pensò. C'è qualcuno che ha bisogno degli ultimi riti? Del Viatico? Dovranno trascinarsi fino a me, in questo caso. Ma è rimasto qualcuno?

Non poteva udire alcuna voce, al di sopra del terribile ruggito.

Un rivolo di sangue cominciò a scorrergli negli occhi. Lo asciugò con l'avambraccio, per non macchiare le Ostie con le dita insanguinate. Non è il vero sangue, Signore: è il mio, non il Tuo. Dealba me.

Rimise quasi tutte le Ostie nel ciborio, ma qualcuna era troppo lontana. Si tese per prenderle, me svenne di nuovo.

— GesùMariaGiuseppe! Aiuto!

Debolmente udì una risposta, lontana e scarsamente udibile, sotto il cielo ululante. Era la strana voce sommessa che aveva udito nel confessionale, e anche questa volta echeggiava le sue parole:

— gesù maria giuseppe aiuto.

— Cosa? — gridò.

Chiamò parecchie volte, ma non giunse altra risposta. La polvere cominciava a cadere. Richiuse il coperchio del ciborio per impedire alla polvere di mescolarsi alle Ostie. Giacque immobile per qualche tempo, con gli occhi chiusi.

Il guaio, quando si è un prete è che bisogna accettare i consigli che si danno agli altri. La natura non ci impone niente che non ci abbia messo in grado di sopportare. È quello che ottengo, per aver detto a quella ragazza ciò che disse lo Stoico, prima di dirle ciò che disse Dio, pensò.

Non provava dolore, solo un feroce prurito che veniva dalla sua metà imprigionata. Cercò di grattarsi; le sue dita incontrarono soltanto la pietra nuda. L'artiglio, per un momento, rabbrividì, poi tolse la mano. Il prurito lo faceva impazzire. I nervi lesi lampeggiavano folli richieste di una grattata. Si sentiva molto poco dignitoso.

"Ebbene, dottor Cors, come sapete se il prurito non è un male più fondamentale della sofferenza?"

Rise un poco, a quel pensiero. La risata provocò un improvviso svenimento. Si fece strada a unghiate fuori dall'oscurità, perché qualcuno gridava. Improvvisamente si accorse che era lui a gridare. Zerchi ebbe paura. Il prurito si era trasformato in dolore, ma le grida erano state di primitivo terrore, non di sofferenza. Adesso soffriva persino a respirare. La sofferenza persisteva, ma poteva sopportarla. Lo spavento era sorto da quell'ultimo assaggio di oscurità simile all'inchiostro. L'oscurità pareva incombere su di lui, sorvegliarlo, aspettarlo avidamente… un grande appetito nero con una passione per le anime. Poteva sopportare la sofferenza, ma non quella Spaventosa Oscurità. O in essa c'era qualcosa che non avrebbe dovuto esservi, o c'era ancora qualcosa, qui, che doveva essere fatto. Una volta che si fosse arreso a quell'oscurità, non vi sarebbe più stato nulla che avrebbe potuto fare o disfare.

Si vergognò della sua paura e tentò di pregare, ma le preghiere sembravano diverse dalle preghiere… simili a scuse, ma non petizioni, come se l'ultima preghiera fosse già stata detta, l'ultimo canto già cantato. La paura persisteva. Perché? Cercò di ragionare. Hai già visto altra gente morire, Jeth. Sembra facile. Si spengono, c'è un piccolo spasmo, ed è finita. Quell'Oscurità d'inchiostro… abisso fra aham e Asti… lo Stige più nero, abisso fra Dio e l'Uomo. Ascolta, Jeth, credi davvero che vi sia qualcosa sull'altra riva, non è vero? E allora perché tremi così?

Un versetto del Dies Irae gli galleggiò nella mente, lo tormentò:

Quid sum miser tunc dicturus?
Quem patronum rogaturus
Cum vix justus sit securus?

"Che cosa dirò, io miserabile? Chi chiamerò come protettore, quando a malapena l'uomo giusto sarà sicuro?" Vix securus? Perché "a malapena sicuro"? Senza dubbio Lui non dannerà il giusto. E allora perché tremi così?

"Davvero, dottor Cors, il male di cui persino voi avreste dovuto parlare non era la sofferenza, ma l'irragionavole paura della sofferenza. Metus doloris. Mettetelo insieme al vostro equivalente positivo, la ricerca per la sicurezza mondana, per l'Eden, e avrete la vostra 'radice del male', dottor Cors. Minimizzare la sofferenza e massimizzare la sicurezza erano i fini naturali e giusti della società e di Cesare. Ma poi ne diventavano gli unici fini, e l'unico fondamento della legge… una perversione. Inevitabilmente, allora, nel cercare soltanto quello, noi troviamo soltanto l'opposto: massima sofferenza e minima sicurezza.

"Il guaio del mondo sono io. Provatelo su voi stesso, mio caro Cors. Tu io Adamo l'Uomo noi. Non c'è 'male mondano' eccetto quello che è stato introdotto nel mondo dell'Uomo… io tu Adamo noi… con un piccolo aiuto da parte del padre delle menzogne. Biasima qualunque cosa, biasima persino Dio, ma, oh, non biasimare me. Dottor Cors? L'unico male del mondo, ormai, è che il mondo non esiste più. Che dolore ha portato?"

Rise debolmente, ancora, e questo riportò l'inchiostro.

— Me noi Adamo, ma Cristo, Uomo me: me noi Adamo, ma Cristo, Uomo me — disse a voce alta. — Sapete una cosa, Pat?… loro… insieme… preferiscono esservi inchiodati, ma non da soli quando sanguinano… vogliono compagnia. Perché… perché è così. Perché è per questo che Satana vuole l'Uomo pieno di inferno. Voglio dire, è per questo che Satana vuole l'Inferno pieno di Uomini. Perché Adamo… Eppure Cristo… Ma io… Ascoltate, Pat…

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