La luce morente
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La storia di un pianeta che vive la sua ultima stagione di luce prima del buio intergalattico
«Un vagabondo, un viaggiatore senza meta, una scoria della creazione: il pianeta Worlorn era tutte queste cose. Per innumerevoli secoli aveva continuato a cadere, da solo, senza scopo, precipitando tra i freddi e solitari spazi che si aprono fra le stelle. Ma lui non apparteneva a nessuna di quelle stelle. In un certo senso non faceva nemmeno parte della galassia, anche se rotolava attraverso il piano della galassia come un chiodo che attraversa la tonda superficie di un tavolo. Non faceva parte di niente...» Poi Worlorn passa vicino alla Ruota di Fuoco, la supercostellazione che gli dar? qualche anno di luce prima che esso piombi di nuovo nella notte senza fine cui sono destinati i mondi senza sole.
E nel momento in cui il pianeta solitario si avvicina, forse per l’ultima volta, al fuoco della vita, gli uomini decidono di trasformarlo per i loro fini riposti. La luce morente ? una storia di superscienza, ma anche di esseri umani posti di fronte a un ennesimo simbolo dell’esistenza precaria che conduciamo, sul Margine dell’universo.
? il primo romanzo di George R.R.Martin, un grande affresco spaziale del lontano futuro, dove tutto ? azione, poesia, meraviglia.
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Poi ci fu un po’ quiete e per il resto della lunga notte Dirk non sognò più.
C’era una luce accesa, ma non avrebbero dovuto esserci luci.
La luce riusciva a raggiungerlo anche attraverso gli occhi chiusi ed il sonno: una radianza gialla oscillante, ora vicina, ora un po’ più lontana. Dirk se ne rese conto, ma solo leggermente, fin dal primo momento in cui la luce si era intromessa nel suo sonno stentato. Brontolò e si girò per non vederla e qualcuno rise, con una piccola risata acuta. Dirk l’ignorò.
Poi gli diedero un calcio, fortissimo, sul volto.
La testa scattò di lato e le catene del sonno si dissolsero in una macchia di dolore. Sperduto e dolorante, senza sapere dove si trovava, cercò di mettersi a sedere. La tempia gli pulsava. Tutto gli sembrava troppo luminoso. Mise un braccio davanti agli occhi per fermare la luce e per proteggersi da altri calci. Ci fu un’altra risata.
Poco per volta il mondo acquistò forma.
Erano i Braith, naturalmente.
Uno di loro, un uomo ossuto e linfatico con un ricciolo di capelli neri, era dall’altra parte della galleria e teneva Gwen con una mano mentre nell’altra aveva una pistola a laser. Un altro laser, un fucile, era appeso sulle spalle, tenuto con una cinghia. Le mani di Gwen erano state legate dietro la schiena e lei stava silenziosa, con gli occhi bassi.
Il Braith che stava in piedi vicino a Dirk non aveva un laser ma stringeva nella mano sinistra una torcia elettrica ad alta potenza che riempiva la galleria di luce gialla. La luce della torcia non permetteva a Dirk di vederlo bene in faccia, ma era alto come molti Kavalari e pesante e pareva pelato come un uovo.
«Finalmente siamo riusciti ad attirare la tua attenzione», disse l’uomo con la luce. L’altro rise, la stessa risata che Dirk aveva sentito prima.
Dirk si alzò in piedi con difficoltà e si allontanò all’indietro di un passo dai Kavalari. Si appoggiò alla parete della galleria, cercando di puntellarsi, ma la testa strillava di dolore e la scena ondeggiava. La torcia elettrica, calda e luminosa, gli provocava un dolore insopportabile agli occhi.
«Hai danneggiato il giocattolo, Pyr», commentò il Braith con il laser dall’altra parte della galleria.
«Spero di non averlo danneggiato troppo», disse quello grosso.
«Mi ucciderete?», chiese Dirk. Le parole gli riuscirono notevolmente facili, considerata la domanda che aveva fatto. Finalmente cominciava a riprendersi dal calcio.
Gwen alzò gli occhi quando lui parlò. «Alla fine ti uccideranno», disse lei con voce senza speranza; «ma non sarà una fine rapida. Mi dispiace, Dirk».
«Silenzio, vacca-betheyn», disse quello grosso, quello chiamato Pyr. Dirk era vagamente conscio di aver sentito prima quel nome. L’uomo osservò Gwen senza interesse, poi guardò di nuovo Dirk.
«Che cosa ha voluto dire?», disse Dirk nervosamente. Si premeva contro la pietra e cercava di tendere i muscoli senza farsene accorgere. Pyr era a meno di un metro di distanza. Il Braith pareva arrogante e distratto, ma Dirk si chiedeva fino a che punto fosse valida quest’impressione. L’uomo teneva la torcia sollevata nella mano sinistra, ma nella destra aveva qualcos’altro: un bastone lungo circa un metro, fatto di un legno scuro, con un pomo di legno duro e rotondo ad un’estremità ed una lama corta dall’altra parte. Lo teneva con leggerezza tra le dita, con la mano sull’asta centrale e lo batteva ritmicamente contro la gamba.
«Ci hai costretti ad una caccia agli spiriti, falsuomo», disse Pyr. «Non lo dico tanto per dire, o per prenderti in giro. Ci sono pochi che sono alla mia altezza nella buona vecchia alta caccia. Nessuno che sia migliore di me. Lo stesso Lorìmaar alto-Braith Arkellor ha soltanto la metà dei miei trofei. Per cui se ti dico che questa caccia è stata straordinaria, puoi essere certo che dico la verità. Sono contento che non sia finita».
«Cosa?», disse Dirk. «Non è finita?». L’uomo era vicinissimo… Si chiese se poteva riuscire a mettere Pyr tra lui e l’altro uomo, quello con il laser, oltre a parare i colpi del bastone con la lama. Magari sarebbe anche riuscito ad afferrare la pistola nel fodero di Pyr.
«Non è sportivo catturare un falsuomo addormentato, non c’è onore. Devi di nuovo scappare, Dirk t’Larien».
«Lui ti farà suo personale korariel», disse Gwen rabbiosamente, fissando i due Braith con calcolato disprezzo. «Nessuno potrà darti la caccia tranne lui e il suo teyn».
Pyr si voltò di nuovo verso di lei. «Ti ho detto di star zitta!».
Lei gli rise in faccia. «Conoscendo Pyr», continuò lei, la caccia seguirà l’autentica tradizione. Tu sarai liberato nella foresta, probabilmente nudo. Questi due metteranno via i laser e le macchine e ti inseguiranno a piedi con coltelli e spade da lancio e cani. Dopo avermi riconsegnata ai miei padroni, si capisce».
Pyr corrugò la fronte. L’altro Braith sollevò la pistola e la usò per dare un brutto colpo sulla bocca di Gwen. Dirk si tese, esitò un istante troppo a lungo, poi saltò.
Anche un metro era troppo; Pyr sorrideva mentre voltava la testa. Il bastone si sollevò con velocità terribile ed il pomo colpi Dirk allo stomaco. Barcollò, si piegò in due e cercò in qualche modo di non fermarsi. Pyr si spostò tranquillamente all’indietro e abbatté con forza il bastone nell’inguine di Dirk. Il mondo scomparve in una nebbia rossa.
Era vagamente conscio di Pyr che gli stava sopra dopo che lui era caduto. Poi il Braith lo colpì una terza volta, un colpo dato quasi per caso su di un lato della testa. Poi non ci fu più niente.
Stava male. Fu la prima cosa di cui si rese conto. Era tutto ciò che sapeva. Sentiva male. La testa gli girava e pulsava, tremando con un ritmo strano; gli faceva male anche lo stomaco e più sotto non aveva sensazioni. Dolore e vertigini erano i confini del mondo di Dirk. Per un tempo lunghissimo non ci fu niente altro.
Poco per volta però, gli ritornò una specie di confusa lucidità. Cominciò a notare le cose. Prima di tutto il dolore… andava e veniva a ondate. Andava su e giù, su e giù. Alla fine si rese conto che anche lui stava andando su e giù, ballonzolando e saltellando. Era sdraiato su qualcosa, trascinato o trasportato. Mosse le mani, o cercò di farlo. Era difficile. Il dolore pareva cancellare tutte le sensazioni normali. Aveva la bocca piena di sangue. Le orecchie gli risuonavano, ronzavano, gli bruciavano.
Lo stavano portando, sì. C’erano delle voci; riusciva a sentire le voci, che parlavano e ronzavano. Le parole non erano chiare. Più avanti, in qualche posto, c’era una luce che danzava e si agitava; tutto il resto era solo nebbia grigia.
Poco per volta il ronzio diminuì. Alla fine cominciò a distinguere le parole.
«…non sarà contento», disse una voce che lui non conosceva. Per lo meno non gli pareva di conoscerla. Era difficile da dirsi. Tutto era terribilmente distante e lui ballonzolava ed il dolore andava e veniva, andava e veniva, andava e veniva.
«Si», disse un’altra voce, pesante, tagliente, sicura.
Ancora ronzii… Parecchie voci assieme. Dirk non capiva niente.
Una voce azzittì le altre. «Abbastanza», disse. Questa voce era anche più lontana delle prime due; veniva da qualche punto più avanti, dalla luce ondeggiante. Pyr? Pyr. «Non ho paura di Bretan Braith Lantry, Roseph. Dimentichi chi sono io. Ho preso tre teste nella foresta quando Bretan Braith stava ancora succhiando alle tette delle donne. Il falsuomo è mio per tutti gli antichi diritti».
«Vero», rispose la prima voce sconosciuta. «Se sei stato tu a catturarlo nella galleria, non ci sarà nessuno che negherà i tuoi diritti. Però non te li sei presi».
«Volevo una caccia onesta, alla vecchia maniera».
Qualcuno disse qualcosa in Antico Kavalar. Ci fu una risata.
«Da giovani abbiamo cacciato il più delle volte assieme, Pyr», disse la strana voce. «Se tu l’avessi pensata in altro modo sulle donne, avremmo anche potuto diventare teyn-e-teyn, noi due. Non ti direi delle bugie. Bretan Braith Lantry vuole quest’uomo a tutti i costi».