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Lombra della maledizione

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Lombra della maledizione
Название: Lombra della maledizione
Дата добавления: 16 январь 2020
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Lombra della maledizione - читать бесплатно онлайн , автор Bujold Lois Mcmaster

 Da una grande maestra della narrativa fantastica, pi? volte vincitrice del premio Hugo, un potente racconto di mistero, magia e tradimento. Il destino di un cavaliere, della sua stirpe e di un regno tormentato. Provato nel corpo e nello spirito da una lunghissima prigionia, il comandante Lupe dy Cazaril ritorna nel regno di Chalion, in cui aveva servito come paggio, e viene nominato tutore di Royesse, bella e intelligente sorella dell’erede al trono. Ma quell’occasione di riscatto si trasforma presto in un incubo, poich? Cazaril scopre che a corte proprio quegli uomini che lo hanno tradito ora occupano posti di grande potere. E scopre soprattutto che l’intera stirpe di Chalion ? gravata da una terribile maledizione, che non pu? essere annullata se non con la magia pi? nera…

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Un rumore di zoccoli lo strappò alle sue riflessioni, e lo indusse a sollevare lo sguardo appena in tempo per spostarsi dalla traiettoria di un gruppo di cavalieri che stava uscendo dalle stalle. Il Royse Teidez, in sella al suo splendido cavallo nero, era in testa a un gruppo di guardie baociane, composto dal capitano e da due uomini. Il volto rotondo del Royse, colpito dai raggi del sole invernale, appariva pallido sullo sfondo dell’abbigliamento lavanda e nero. Ma il sole fece anche scintillare lo smeraldo sulla mano del capitano, sollevata in un gesto di risposta al cortese saluto di Cazaril.

«Dove state andando, Royse? Uscite a caccia?» chiese, notando che tutti erano armati con lance, balestre, spade e randelli.

«No, facciamo una galoppata fino al fiume», rispose Teidez, frenando il cavallo nervoso e scoccando a Cazaril una fugace occhiata. «Stamattina lo Zangre è… soffocante.»

In effetti, la caccia non era vista di buon occhio in un periodo di lutto… Ma se si fossero imbattuti in un paio di daini, Teidez e i suoi compagni non avrebbero esitato ad accettare quel dono degli Dei.

«Capisco», annuì Cazaril, reprimendo un sorriso. «Un po’ di moto farà bene ai cavalli.» Si ritrasse un poco, perché Teidez fece per spronare la cavalcatura e aggiunse: «Royse… Più tardi vi vorrei parlare riguardo alla questione che tanto vi preoccupava ieri».

Teidez rispose con un vago cenno della mano e con uno sguardo accigliato che forse non era un assenso. Cazaril si accontentò e gli rivolse un inchino di saluto. Poi il gruppetto lasciò il cortile delle stalle.

Fu in quell’istante che Cazaril dovette piegarsi di scatto in avanti, gemendo. Era stato colto da un crampo al ventre di violenza inusitata, doloroso quanto il calcio degli zoccoli posteriori di un cavallo e tanto intenso da togliergli il respiro. Da quel punto, si propagò una serie di onde di dolore che gli causarono spasmi brucianti in tutto il corpo, fino al palmo delle mani e alla pianta dei piedi. Nella sua mente affiorò l’orribile visione del demone ipotizzato da Rojeras, un demone che si preparava ad aprirsi un varco a colpi di artigli attraverso il suo corpo. Era un’unica creatura oppure erano due? Non essendoci corpi a separare i due spiriti, ed essendo essi bloccati dalla pressione del miracolo operato dalla Signora, era forse possibile che Dondo e il demone avessero cominciato a fondersi, creando un singolo, orribile essere? Dopotutto, lui continuava ad avvertire soltanto una voce, e non due, che gli inveiva contro di notte. Sotto l’aggressione di quelle fitte lancinanti, le ginocchia gli cedettero e lui crollò sull’acciottolato gelido, traendo a fatica un affannoso respiro, mentre il mondo sembrava roteargli intorno.

Dopo qualche minuto, un’ombra che esalava un intenso odore di cavallo apparve vicino alla sua spalla e una voce brusca gli risuonò all’orecchio. «Mio signore, state bene?»

Sbattendo le palpebre per schiarirsi la vista, Cazaril scopri che uno degli stallieri, un individuo di mezz’età dai denti marci, si stava chinando su di lui.

«Non… proprio», riuscì a rispondere.

«Non volete rientrare?»

«Sì… Suppongo di sì…»

Puntellandolo con una mano sotto il gomito, lo stalliere lo aiutò ad alzarsi e lo sostenne per tutto il tragitto fino al corpo principale del palazzo.

«Aspetta», ansimò Cazaril, una volta giunti alla base delle scale. «Non ancora…» E si sedette pesantemente sui gradini.

«Devo chiamare qualcuno perché vi assista, mio signore?» chiese lo stalliere, dopo un imbarazzante silenzio. «Io dovrei tornare al mio lavoro…»

«È… solo uno spasmo, passerà tra qualche minuto. A dire il vero, mi sento già meglio, quindi puoi andartene.» In effetti, il dolore si stava attenuando. Adesso si sentiva accaldato e… strano.

Lo stalliere lo fissò con espressione incerta e accigliata, poi però annuì e se ne andò.

A poco a poco, seduto sui gradini, Cazaril cominciò a ritrovare il fiato e l’equilibrio, arrivando infine a raddrizzare di nuovo la schiena, mentre intorno a lui il mondo smetteva di vorticare. Un paio dei suoi consueti spettri sbucarono dalle pareti e si fermarono ai suoi piedi, in un atteggiamento insolitamente passivo. Adocchiandoli, fermi nell’ombra della scala, Cazaril si trovò a riflettere sulla gelida, solitaria dannazione cui erano destinati: la lenta erosione, la perdita progressiva di tutto ciò che li aveva resi uomini e donne… Cosa si provava, sentendo il proprio spirito che marciva a poco a poco, come marcisce la carne di un cadavere? Quegli spettri erano consapevoli del loro deterioramento, oppure anche la percezione di sé svaniva, misericordiosamente, col passare del tempo? Il leggendario inferno del Bastardo, con tutti i suoi supposti tormenti, sembrava quasi un paradiso rispetto a una sorte del genere.

«Cazaril!» esclamò una voce sorpresa, inducendolo a sollevare lo sguardo.

Fermo sul primo gradino, su cui appoggiava lo stivale, c’era Palli. Era affiancato da due giovani che, sotto il grigio mantello da viaggio, indossavano la divisa azzurra e bianca dell’Ordine della Figlia. «Stavo appunto venendo a cercarti», disse Palli, aggrottando le sopracciglia scure. «Che ci fai, seduto sulla scala?»

«Mi stavo riposando un momento», rispose Cazaril, con un rapido sorriso per nascondere il suo malessere, poi si alzò, badando a tenere una mano appoggiata con noncuranza alla parete, per mantenere l’equilibrio, mentre domandava: «Cosa sta succedendo?»

«Sono venuto a cercarti nella speranza che avessi il tempo di fare una passeggiata con me fino al Tempio, per parlare con alcune persone riguardo a quella faccenda relativa a Gotorget», spiegò Palli.

«Così presto?»

«Dy Yarrin è arrivato la scorsa notte, e adesso il nostro numero è sufficiente a prendere decisioni valide e vincolanti. Considerato che anche dy Jironal è appena rientrato in città, è opportuno che decidiamo la linea d’azione da seguire senza ulteriori indugi.»

Annuendo, Cazaril decise che sarebbe andato in cerca di Orico non appena tornato a palazzo, poi lanciò un’occhiata ai due compagni di Palli e riportò lo sguardo su quest’ultimo, all’apparenza in attesa di una presentazione, ma in effetti per chiedere indirettamente se si trattasse di persone di cui ci si poteva fidare.

«Ah, già!» esclamò allegramente Palli. «Permettimi di presentarti i miei cugini, Ferda e Foix dy Gura, venuti qui con me da Palliar. Ferda è il luogotenente del mio comandante di cavalleria, mentre suo fratello Foix… Ecco, ci serviamo di lui per spostare carichi pesanti. Avanti, ragazzi, inchinatevi al Castillar.»

Il più basso e tozzo dei due ufficiali sfoggiò un sorriso imbarazzato, ma entrambi riuscirono a inchinarsi con grazia accettabile. Entrambi i fratelli somigliavano in modo vago a Palli, soprattutto nei tratti decisi della mascella e nei luminosi occhi marroni; Ferda era di media statura, col fisico snello e muscoloso di un cavaliere nato, come dimostravano le gambe già leggermente arcuate, mentre suo fratello era più massiccio e muscoloso. Davano l’impressione di sani, allegri e ingenui nobilotti di campagna, ed erano spaventosamente giovani… ma la vaga enfasi che Palli aveva dato al termine cugini aveva risposto in maniera indiretta alla domanda altrettanto indiretta di Cazaril.

Quando Cazaril e Palli oltrepassarono il portone dello Zangre e si addentrarono nelle vie di Cardegoss, i due fratelli s’incamminarono dietro di loro e, per quanto giovani, dimostrarono di essere attenti e sul chi vive, guardandosi costantemente intorno e badando a mantenere l’impugnatura della spada libera dall’impiccio del mantello e della sopravveste. Notando la loro accortezza, Cazaril fu lieto di constatare che Palli non circolava senza scorta per le vie di Cardegoss, neppure nella grigia luce invernale. Poco dopo passarono sotto le mura di pietra di Palazzo Jironal, ma, nonostante i timori di Cazaril, nessun bravaccio uscì dalle porte rinforzate in ferro. Ben presto arrivarono alla Piazza del Tempio senza fare incontri, a parte tre cameriere che rivolsero un sorriso agli uomini che portavano i colori dell’Ordine della Figlia e ridacchiarono tra loro nell’oltrepassarli… cosa che sembrò allarmare i fratelli dy Gura, i quali s’irrigidirono un poco.

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