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Lombra della maledizione

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Lombra della maledizione
Название: Lombra della maledizione
Дата добавления: 16 январь 2020
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Lombra della maledizione - читать бесплатно онлайн , автор Bujold Lois Mcmaster

 Da una grande maestra della narrativa fantastica, pi? volte vincitrice del premio Hugo, un potente racconto di mistero, magia e tradimento. Il destino di un cavaliere, della sua stirpe e di un regno tormentato. Provato nel corpo e nello spirito da una lunghissima prigionia, il comandante Lupe dy Cazaril ritorna nel regno di Chalion, in cui aveva servito come paggio, e viene nominato tutore di Royesse, bella e intelligente sorella dell’erede al trono. Ma quell’occasione di riscatto si trasforma presto in un incubo, poich? Cazaril scopre che a corte proprio quegli uomini che lo hanno tradito ora occupano posti di grande potere. E scopre soprattutto che l’intera stirpe di Chalion ? gravata da una terribile maledizione, che non pu? essere annullata se non con la magia pi? nera…

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Abbassò poi lo sguardo sul proprio ventre gonfio e si affrettò subito a distoglierlo; fino a quel momento, aveva pensato che la sua afflizione fosse spirituale, non fisica, e non gli era mai venuto in mente che essa avesse entrambe le forme: quella era un’intrusione del sovrannaturale nel mondo fisico… Un’intrusione fin troppo plausibile, considerati i fatti. «Anche questi tumori arrivano a pesare cinquanta chili?» riuscì a chiedere, con voce soffocata.

«I due che ho estirpato erano molto più piccoli», gli garantì Rojeras.

«Allora lo potete rimuovere?» domandò Cazaril, sollevando uno sguardo pieno di speranza.

«Sì… ma solo da un cadavere», spiegò il medico, con aria contrita.

«Ma… si può fare?» insistette Cazaril. Supponendo che un uomo fosse abbastanza coraggioso da offrirsi al bisturi e che quell’abominio potesse essere estratto con la brutale rapidità di un’amputazione… era dunque possibile rimuovere fisicamente un miracolo, quando esso era fatto di carne?

«Su un braccio o una gamba… forse», ribatté Rojeras, scuotendo il capo. «In quel punto… Siete un soldato e di certo avete visto cosa succede alle ferite al ventre che s’infettano. Anche se riusciste a sopravvivere alla sofferenza dell’operazione, la febbre vi ucciderebbe senza dubbio nell’arco di pochi giorni. Ci ho provato tre volte e solo perché i pazienti avevano minacciato di uccidersi, se non lo avessi fatto. Sono morti tutti, e non intendo uccidere in quel modo altre brave persone, quindi non vi tormentate con simili idee, disperate quanto impraticabili. Vivete ciò che vi rimane come meglio potete, e pregate.»

È stata la preghiera che mi ha messo in questa situazione… o, per meglio dire, che ha messo questa situazione dentro di me, pensò Cazaril. «Non lo dite alla Royesse!» esclamò.

«Mio signore, devo farlo», replicò il medico.

«Ma io non posso… non ora… lei non deve congedarmi e confinarmi a letto! Non posso lasciarla sola!» protestò Cazaril, con una nota di panico nella voce.

«La vostra fedeltà vi fa onore, Lord Cazaril», dichiarò Rojeras, inarcando le sopracciglia. «Ora però calmatevi. Non c’è motivo che vi mettiate a letto se non quando ne sentirete l’effettiva necessità. Anzi un lavoro leggero, come il vostro servizio, appunto, potrebbe tenervi la mente occupata e dare serenità alla vostra anima.»

«Informatela pure», replicò Cazaril con un profondo respiro. Poi decise di non infrangere le piacevoli illusioni che il medico nutriva in merito al suo servizio presso la Casa di Chalion e disse: «A patto che mettiate bene in chiaro che non devo essere allontanato dal mio posto».

«D’accordo… Ma rendetevi conto che ciò non vi autorizza a stancarvi eccessivamente», ribatté il medico, severo. «È evidente che avete bisogno di più riposo di quanto ne abbiate avuto negli ultimi tempi.»

Cazaril si affrettò ad annuire, cercando di mostrarsi obbediente e pieno di energie.

«C’è un’altra cosa importante», riprese Rojeras, muovendosi come se fosse sul punto di congedarsi. «Ve lo chiedo soltanto perché, come voi stesso avete affermato, siete un uomo razionale.»

«Sì?» mormorò Cazaril, guardingo.

«Quando morirete — cosa che preghiamo avvenga il più tardi possibile — posso chiedervi di lasciare un messaggio che mi autorizzi a estrarre il vostro tumore, per la mia collezione?»

«Collezionate simili orrori?» commentò Cazaril, con una smorfia, ma combattuto tra l’indignazione e la curiosità. «La maggior parte degli uomini si accontenta di collezionare dipinti, vecchie spade o statuette d’avorio. Ditemi… Come li conservate?»

«In vasi pieni di distillato di vino», spiegò Rojeras, con un sorriso accompagnato da un imbarazzato rossore. «So che può sembrare macabro, ma continuo a sperare che, se arriverò a saperne abbastanza, un giorno capirò questa malattia e troverò un modo per impedire a queste escrescenze di uccidere le persone.»

«Non pensate che siano un dono oscuro degli Dei e che, come atto di fede, non possiamo opporci a essi?»

«Ci opponiamo alla cancrena, a volte con l’amputazione; ci opponiamo alle infezioni alla mandibola, estraendo il dente marcio; ci opponiamo alla febbre, mediante compresse calde e fredde, e cure assidue… Per ogni terapia dev’esserci stata una prima volta», ribatté Rojeras. «È evidente che la Royesse Iselle nutre per voi molto affetto e una grande stima.»

«Sono al suo servizio fin dalla primavera scorsa, a Valenda», replicò Cazaril, non sapendo che altro dire. «E in precedenza ho servito la famiglia di sua nonna.»

«Non è incline a crisi isteriche, vero? A volte, le nobildonne sono…» Rojeras esitò, imbarazzato.

«No, nessuno lo è, nella sua famiglia», rispose Cazaril. «Di certo, però, non è necessario che informiate lei e Lady Betriz, angustiandole quand’è ancora… presto.»

«È ovvio che devo farlo», obiettò il medico, peraltro in tono gentile, alzandosi. «Come può la Royesse valutare quale sia la linea d’azione da seguire, se non dispone delle informazioni necessarie?»

Il medico aveva ragione. Cazaril lo seguì di nuovo al piano di sopra, con aria pensosa e turbata; nel sentire il rumore dei loro passi, Betriz si affacciò prontamente sulla soglia. «Si rimetterà?» domandò subito a Rojeras.

«Aspettate un momento, mia signora», replicò il medico, sollevando una mano.

Tutti e tre passarono nel salotto della Royesse, dove Iselle attendeva sul suo seggio intagliato, le mani serrate in grembo. Cazaril non desiderava assistere alla scena, ma nel contempo voleva sentire cosa si sarebbe detto, quindi si lasciò cadere sulla sedia che Betriz gli aveva avvicinato con fare ansioso e che Iselle gli stava indicando, dopo aver risposto all’inchino del medico con un cenno del capo. Quanto a Rojeras, essendo in presenza della Royesse, rimase in piedi come segno di rispetto.

«Mia signora… Il vostro segretario è affetto da un tumore al ventre», disse, inchinandosi ancora a Iselle, per scusarsi della propria brutalità.

La giovane lo fissò, sconvolta, e il viso di Betriz si tinse di un pallore mortale.

«Non è prossimo a morire, vero?» domandò poi Iselle, deglutendo a fatica e scoccando un’occhiata piena di timore a Cazaril.

Di fronte al suo sgomento, Rojeras non se la sentì di proseguire sulla linea della franchezza e fece ricorso a un atteggiamento più diplomatico. «La morte giunge per tutti, in maniera diversa, ed esula dalle mie capacità prevedere per quanto tempo ancora Lord Cazaril continuerà a vivere…» Poi scorse con la coda dell’occhio lo sguardo intenso e supplichevole del Castillar e aggiunse, in tutta sincerità: «Non c’è motivo per cui lui non debba continuare a svolgere il suo dovere di segretario finché si sentirà abbastanza bene… A patto che voi non lo stanchiate eccessivamente, ovvio. Col vostro permesso, gradirei tornare a visitarlo ogni settimana».

«Certo», assentì Iselle, con voce fievole.

Dopo qualche altro consiglio in merito all’alimentazione cui Cazaril doveva attenersi e al riposo che doveva concedersi, Rojeras si congedò.

«Non credevo che fosse… Lo avevi intuito quando… Cazaril, non voglio che voi moriate!» farfugliò Betriz, con voce soffocata, gli occhi scuri velati di lacrime.

«Neppure io voglio morire, quindi siamo in due a pensarla nello stesso modo», ribatté lui.

«Siamo in tre», intervenne Iselle. «Cazaril… cosa possiamo fare per voi?»

Nulla, pensò lui. Poi però colse quell’occasione per assicurarsi che il suo problema rimanesse segreto. «Una cosa ci sarebbe», rispose con fermezza. «Vi pregherei di non discutere della mia malattia con ogni fomentatore di pettegolezzi del castello. Il mio più grande desiderio è infatti che questa cosa rimanga privata per… tutto il tempo che sarà possibile mantenerla tale.» Di lì a poco, dy Jironal sarebbe tornato a Cardegoss e, non avendo scoperto nulla, poteva anche decidere di riesaminare la questione del cadavere mancante… Se avesse appreso che Cazaril aveva sviluppato una malattia letale, avrebbe potuto fare nuove ipotesi riguardo alla morte del fratello.

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