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Lombra della maledizione

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Lombra della maledizione
Название: Lombra della maledizione
Дата добавления: 16 январь 2020
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Lombra della maledizione - читать бесплатно онлайн , автор Bujold Lois Mcmaster

 Da una grande maestra della narrativa fantastica, pi? volte vincitrice del premio Hugo, un potente racconto di mistero, magia e tradimento. Il destino di un cavaliere, della sua stirpe e di un regno tormentato. Provato nel corpo e nello spirito da una lunghissima prigionia, il comandante Lupe dy Cazaril ritorna nel regno di Chalion, in cui aveva servito come paggio, e viene nominato tutore di Royesse, bella e intelligente sorella dell’erede al trono. Ma quell’occasione di riscatto si trasforma presto in un incubo, poich? Cazaril scopre che a corte proprio quegli uomini che lo hanno tradito ora occupano posti di grande potere. E scopre soprattutto che l’intera stirpe di Chalion ? gravata da una terribile maledizione, che non pu? essere annullata se non con la magia pi? nera…

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«Senza dubbio il Cancelliere dy Jironal non lo permetterà mai.»

«Non sottovalutare il potere di persuasione di Iselle. Lei non è Sara.»

«Neppure Sara era così, un tempo, però hai ragione… Oh, il mio povero Orico, schiacciato tra due incudini del genere.»

Mordendosi un labbro, Cazaril esitò molto a lungo prima di riprendere a parlare. «Umegat, tu hai osservato questa corte per anni… Dy Jironal è sempre stato un serpente velenoso oppure la maledizione ha lentamente corrotto anche lui? Sì, insomma, vorrei capire se la maledizione ha attirato un uomo corrotto in una posizione d’immenso potere oppure se qualsiasi uomo che cercasse di servire la Casa di Chalion finirebbe, col tempo, per essere corrotto.»

«Poni domande molto interessanti, Lord Cazaril», replicò Umegat, aggrottando la fronte. «E io vorrei avere risposte adeguate. Martou dy Jironal è sempre stato forte, intelligente e capace, a differenza del fratello minore, noto da sempre a corte più per il suo talento di combattente che per la sua intelligenza. Quando ha assunto la carica di Cancelliere, il maggiore dei dy Jironal non mi è parso più suscettibile alle tentazioni dell’orgoglio e dell’avidità di qualsiasi altro nobile di rango elevato di Chalion che avesse un clan cui provvedere.»

Sono parole abbastanza lusinghiere, tuttavia…

«Tuttavia…» riprese Umegat, come se completasse il pensiero formulato da Cazaril. «Sì, la maledizione ha avuto effetto anche su di lui.»

«Quindi… liberarsi di dy Jironal non è la soluzione ai problemi di Orico? Un altro uomo come lui, e forse anche peggiore, prenderebbe il suo posto?»

«La maledizione assume cento forme diverse, distorcendo ogni cosa buona in Orico facendo leva sui punti deboli della sua natura. Una moglie sterile invece che fertile, un consigliere corrotto invece che leale, amici incostanti e non sinceri, cibo che fa ammalare e non nutre, e così via.»

Un segretario-tutore diventato stolto e vigliacco invece che coraggioso e saggio? O forse sono soltanto strambo e folle? si chiese Cazaril. Se ogni persona che entrava nell’ambito della maledizione risultava vulnerabile, lui era forse destinato a essere la rovina di Iselle, come dy Jironal lo era per Orico? «Per quanto riguarda Teidez e Iselle… anche nel loro caso ogni cosa buona è destinata a corrompersi, oppure Orico è gravato da uno speciale fardello, essendo il Roya?» domandò.

«Credo che, negli anni, il peso della maledizione sia diventato più gravoso per Orico», rispose il roknari, socchiudendo gli occhi. «Mi hai posto una dozzina di domande, Lord Cazaril, quindi permettimi ora di rivolgertene una io. Come sei entrato al servizio della Royesse Iselle?»

Cazaril si appoggiò allo schienale della sedia e riandò con la mente al giorno in cui la Provincara gli aveva fatto quella proposta d’impiego. Prima però c’era stato dell’altro, e prima ancora… Sulla scia dei ricordi, Cazaril si trovò a raccontare a Umegat di quando un soldato-fratello dell’Ordine della Figlia, in sella a un cavallo nervoso, aveva lasciato cadere nel fango una moneta d’oro. E spiegò anche com’era giunto a Valenda.

Mentre lo ascoltava, Umegat preparò un tè sul piccolo fuoco e depose un boccale fumante davanti a Cazaril, che si concesse una breve pausa per umettarsi la gola, procedendo poi a descrivere il modo in cui Iselle aveva umiliato quel giudice corrotto, nel Giorno della Figlia. Concluse il racconto con l’arrivo a Cardegoss.

«Credi che i tuoi passi siano stati predestinati fino da allora?» chiese infine Umegat, tormentandosi i capelli. «È un’idea sconcertante, ma gli Dei sono parsimoniosi, e colgono le loro occasioni ovunque esse si presentino.»

«Ma se sono gli Dei che stanno tracciando questa strada per me, allora dove va a finire il mio libero arbitrio? No, non è possibile!» protestò Cazaril.

«Ah!» esclamò Umegat, illuminandosi di fronte a quello spinoso cavillo teologico. «Al riguardo posso avanzare un’altra ipotesi, che non nega né la volontà degli Dei né quella degli uomini. Forse, invece di controllare ogni passo, gli Dei hanno avviato lungo questa strada centinaia, o migliaia, di Cazaril e di Umegat, e quelli che sono arrivati a destinazione sono stati solo coloro che hanno scelto di farlo.»

«Ma io sono arrivato per primo, oppure per ultimo?» obiettò Cazaril.

«Ecco, io ti posso solo garantire che non sei il primo», ribatté Umegat.

Cazaril annuì con un grugnito, indicando di aver capito il sottinteso di quelle parole. «Ma se gli Dei hanno affidato Orico a te e Iselle a me, per quanto ritenga che qualcuno abbia commesso al riguardo un sacro errore… chi è incaricato della protezione di Teidez? Non dovremmo essere in tre? Dovrebbe essere un uomo votato al Fratello, anche se non saprei dire se sia uno strumento, un santo o uno stolto… Oppure tutti e cento i protettori destinati al ragazzo sono caduti lungo la strada, l’uno dopo l’altro? E se si trattasse di dy Sanda?» Si appoggiò in avanti e affondò il volto tra le mani, gemendo. «Se rimango qui ancora un po’ a discutere di teologia, giuro che finirò per ubriacarmi di nuovo, se non altro per impedire al cervello di vorticarmi nel cranio.»

«La dedizione al bere è in effetti un problema alquanto comune, tra i Divini», annuì Umegat.

«Comincio a capirne il perché», replicò Cazaril, inclinando all’indietro il capo per finire le ultime gocce del tè e tornando a posare la tazza. «Umegat… Se, per ogni azione che compio, mi devo chiedere non soltanto se sia saggia o buona, ma anche se sia proprio quella che ci si aspetta da me, finirò per impazzire. Mi raggomitolerò in un angolo, smettendo di fare qualsiasi cosa, tranne forse piangere e borbottare.»

Umegat ridacchiò — cosa che a Cazaril parve crudele -, ma poi scosse il capo. «Non puoi intuire in anticipo la volontà degli Dei. Attieniti alla via della virtù, se puoi identificarla, e confida che il dovere che ti si presenta sia quello che si desidera che tu compia. Proprio come i talenti che ti sono stati elargiti sono quelli che devi porre al servizio degli Dei. Puoi credermi se ti dico che gli Dei non pretendono di riavere nulla che prima non ti abbiano dato, neppure la tua vita.»

Cazaril trasse un profondo respiro. «Il tal caso, dedicherò tutti i miei sforzi a ottenere che questo matrimonio vada in porto, per spezzare la presa che la maledizione ha su di Iselle. Devo fidarmi del mio raziocinio… Per quale motivo altrimenti gli

Dei avrebbero scelto un uomo razionale come protettore di Iselle? O almeno, un uomo che era razionale…» aggiunse, quasi tra sé. «Prega per me, Umegat», concluse, con maggiore decisione di quanta ne provasse in effetti, spingendo indietro la sedia.

«Lo farò ogni ora, mio signore.»

Stava ormai calando il buio quando Lady Betriz entrò nello studio di Cazaril e accese le candele nei loro vasi di vetro, una premura per cui lui la ringraziò con un sorriso e un cenno del capo. Sorridendo a sua volta, Betriz spense l’accenditoio di cui si era servita e rimase immobile nello stesso punto in cui lei e Cazaril si erano accomiatati, la notte della morte di Dondo. «Grazie agli Dei, pare che adesso la situazione si stia un po’ calmando», commentò.

«Sì, un poco», convenne Cazaril, posando la penna.

«Comincio a credere che tutto andrà per il meglio», aggiunse Betriz.

«Sì», disse lui, ma un nuovo crampo allo stomaco confutò la sua affermazione. Seguì una lunga pausa, durante la quale lui raccolse di nuovo la penna e la intinse nell’inchiostro, anche se non aveva altro da scrivere.

«Cazaril, dovete proprio essere in punto di morte per baciare una dama?» chiese improvvisamente la ragazza.

Lui abbassò la testa, arrossendo, e si schiarì la gola. «Vi porgo le mie scuse più sentite, Lady Betriz. Non succederà più.» Non osò sollevare lo sguardo, per timore che lei tentasse d’infrangere le sue fragili barriere, magari riuscendoci. Oh, Betriz, non sacrificare la tua dignità per me, pensò.

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