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Lombra della maledizione

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Lombra della maledizione
Название: Lombra della maledizione
Дата добавления: 16 январь 2020
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Lombra della maledizione - читать бесплатно онлайн , автор Bujold Lois Mcmaster

 Da una grande maestra della narrativa fantastica, pi? volte vincitrice del premio Hugo, un potente racconto di mistero, magia e tradimento. Il destino di un cavaliere, della sua stirpe e di un regno tormentato. Provato nel corpo e nello spirito da una lunghissima prigionia, il comandante Lupe dy Cazaril ritorna nel regno di Chalion, in cui aveva servito come paggio, e viene nominato tutore di Royesse, bella e intelligente sorella dell’erede al trono. Ma quell’occasione di riscatto si trasforma presto in un incubo, poich? Cazaril scopre che a corte proprio quegli uomini che lo hanno tradito ora occupano posti di grande potere. E scopre soprattutto che l’intera stirpe di Chalion ? gravata da una terribile maledizione, che non pu? essere annullata se non con la magia pi? nera…

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«Il maestro d’armi non ci stava addestrando per fare di noi dei gentiluomini, ma perché diventassimo soldati», affermò Cazaril, con un sorriso. «A favore del suo metodo, posso dire che qualsiasi campo di battaglia da me visto somigliava più a un mattatoio che a un cerchio per i duelli. Per quanto sgradevole, la sua tecnica ci ha permesso d’imparare il nostro mestiere, e non ha comportato nessuno spreco. Non credo infatti che, alla fine della giornata, ai tori abbattuti importasse se erano morti per mano di uno stolto armato di spada che li aveva inseguiti per un’ora o a causa di un colpo di maglio sul cranio.» Lui non aveva mai gradito prolungare quell’esperienza più del dovuto, come facevano alcuni dei suoi compagni, che avviavano un macabro e pericoloso gioco con quegli animali infuriati. Con un po’ di pratica, aveva imparato ad abbattere il toro con un affondo di spada, in modo preciso e rapido proprio come un macellaio. «L’unica differenza, ve lo concedo, è che sul campo di battaglia non mangiavamo ciò che abbattevamo… tranne a volte i cavalli.»

Di fronte a quella macabra battuta, dy Sanda s’irrigidì con aria di disapprovazione. «Domattina, se il clima rimarrà sereno, potremmo uscire coi falchi, mio signore…» propose poi, cercando di placare il suo allievo. «Sempre che voi prima risolviate quel problema con la cartografia…»

«Falchi e piccioni… un divertimento per dame! Piccioni! Che m’importa dei piccioni?» ribatté Teidez e, con una nota di malinconia nella voce, aggiunse: «Alla corte del Roya, a Cardegoss, in autunno danno la caccia ai cinghiali, nella foresta di querce. Quello è un vero svago per uomini. Dicono che i cinghiali siano pericolosi!»

«Verissimo», annuì Cazaril. «Le loro grosse zanne possono sventrare un cane, un cavallo o anche un uomo… e sono più veloci di quanto si possa supporre.»

«Avete mai cacciato, a Cardegoss?» chiese Teidez, pieno di entusiasmo.

«A volte, quand’ero là, ho seguito a caccia il mio signore, dy Guarida.»

«A Valenda non ci sono cinghiali», sospirò Teidez. «Però abbiamo i tori! È pur sempre qualcosa, meglio dei piccioni… o dei conigli!»

Dy Sanda reagì scoccandogli un’occhiata di fuoco. Quanto a Cazaril, si congedò con un inchino e con un sorriso, lasciando Teidez a tempestare il suo tutore con le proprie richieste.

Durante il pranzo di mezzogiorno, poi, Iselle sollevò una questione simile a quella intavolata dal fratello, anche se l’autorità presa di mira era quella della nonna, e non del suo tutore. «Nonna, fa così caldo!» esclamò. «Perché non possiamo andare a nuotare nel fiume, come fa Teidez?»

Con l’intensificarsi della calura estiva, le cavalcate che il Royse si concedeva di pomeriggio in compagnia del tutore, degli stallieri e dei paggi erano state sostituite da nuotate pomeridiane in una polla riparata che il fiume formava poco lontano da Valenda. Era lo stesso luogo che gli accaldati abitanti del castello frequentavano all’epoca in cui Cazaril era ancora un paggio. Le dame, naturalmente, erano escluse da simili escursioni e, fino ad allora, Cazaril si era sempre rifiutato di prendervi parte, trincerandosi dietro i doveri nei confronti di Iselle. In realtà, se si fosse spogliato per nuotare, avrebbe messo in mostra la storia di sofferenza scritta sulla sua pelle, una storia che non gli andava di raccontare. Il ricordo del fraintendimento col gestore nei bagni pubblici lo mortificava ancora.

«Assolutamente no!» esclamò la Provincara. «Sarebbe una cosa quanto mai sconveniente.»

«Non con lui, certo», insistette Iselle. «Potremmo formare un gruppo di sole dame. Voi mi avete detto che le dame del castello andavano a nuotare, quand’eravate un paggio!» aggiunse, rivolta a Cazaril.

«Le serve, Iselle», specificò la nonna, in tono stanco. «Gente di basso rango. Non è un passatempo adatto a te.»

Iselle si accasciò sulla sedia, cupa e accaldata in volto. Anche Betriz appariva abbattuta, ma la calura la rendeva pallida e sfiorita. Di lì a poco, venne servita la zuppa, e tutti fissarono quelle ciotole fumanti quasi con repulsione. Pronta come sempre a dare l’esempio, la Provincara prese il cucchiaio e cominciò a mangiare, con fare deciso.

«Però Lady Iselle sa nuotare, vero, Vostra Grazia?» domandò d’un tratto Cazaril. «Voglio dire, posso presumere che le sia stato insegnato, quand’era più piccola?»

«No, è ovvio», dichiarò la Provincara.

«Oh, Dei», gemette Cazaril, poi si guardò intorno per essere certo che la Royina Ista non fosse a tavola con loro, non volendo far riaffiorare in sua presenza un certo argomento per lei ossessivo. Tranquillizzato, si azzardò ad aggiungere: «Questo mi richiama alla mente un’orribile tragedia di cui sono stato testimone».

Socchiudendo gli occhi con sospetto, la Provincara si guardò bene dall’abboccare a quell’amo, cosa che fece però Betriz. «Davvero? E quale?» domandò.

«È successo quando cavalcavo agli ordini del Provincar della Guarida, nel corso di una serie di scontri contro il principe roknari Olus», rispose Cazaril. «Approfittando della copertura fornita da una notte di tempesta, le truppe di Olus hanno effettuato una scorreria oltre il confine, e a me è stato ordinato di far uscire le dame dalla fortezza di dy Guarida prima che la città venisse circondata. Verso l’alba, dopo aver cavalcato per metà della notte, abbiamo attraversato un fiume in piena. Il cavallo di una delle dame di compagnia della Provincara è scivolato e la donna è stata trascinata via dalla corrente, insieme col paggio che ha cercato di aiutarla. Nel tempo che ho impiegato a girare il cavallo erano già scomparsi alla vista… Abbiamo trovato i corpi più a valle, l’indomani mattina. Il fiume non era molto profondo, ma quella dama ha ceduto al panico perché non sapeva nuotare. Un po’ di addestramento avrebbe potuto trasformare un fatale incidente in un semplice spavento, e salvare tre vite.»

«Tre vite?» interloquì Iselle. «La dama, il paggio…»

«Quella dama aspettava un bambino.»

«Oh.»

Sulla tavola scese un profondo silenzio.

«È una storia vera, Castillar?» domandò infine la Provincara, scrutando Cazaril.

«Sì», sospirò questi, ricordando la pelle livida, fredda e inerte come argilla di quella donna e i suoi indumenti intrisi d’acqua, pesanti quanto il macigno che sembrava opprimergli il cuore in quel momento. «Ho dovuto provvedere io a informare il marito di quella dama.»

«Uh», grugnì dy Ferrej. Per quanto di solito fosse il più abile a raccontare storie a effetto, per una volta tacque.

«È un’esperienza che spero di non dover ripetere mai più», aggiunse Cazaril.

Sbuffando, la Provincara distolse lo sguardo. «D’altro canto, mia nipote non può certo andare a divertirsi nel fiume nuda come un’anguilla!» borbottò dopo un momento.

«Se però indossassimo… sottovesti di lino?» propose Iselle.

«In effetti, se si deve imparare a nuotare in previsione di qualche emergenza, è meglio abituarsi al peso dei vestiti», fu pronto ad aggiungere Cazaril.

«Inoltre in questo modo ci porremmo rinfrescare due volte:

prima nuotando e poi rimanendo sedute ad asciugarci», aggiunse Betriz, in tono quasi sognante.

«Non c’è qualche dama che possa insegnare a Lady Iselle a nuotare?» insistette Cazaril.

«Nessuna delle mie dame sa nuotare», dichiarò la Provincara.

«Si limitano a camminare nell’acqua bassa», annuì Betriz, a titolo di conferma. Quindi sollevò lo sguardo e lo appuntò su Cazaril. «Non potreste insegnarci voi a nuotare, Lord Caz?»

«Oh, sì!» esclamò Iselle, battendo le mani.

«Io… ecco…» balbettò lui, preso in contropiede. Tuttavia rifletté che, essendo in compagnia di due dame, poteva tenere addosso la camicia senza suscitare commenti. «Suppongo di sì…» disse allora. «Certo, se le vostre dame ci accompagnassero e col consenso di vostra nonna…» E guardò la Provincara.

Seguì un’altra, lunga pausa di silenzio.

«Badate a non prendere tutti un raffreddore», acconsentì infine la Provincara, con riluttanza.

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