Lombra della maledizione

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Lombra della maledizione
Название: Lombra della maledizione
Дата добавления: 16 январь 2020
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Lombra della maledizione - читать бесплатно онлайн , автор Bujold Lois Mcmaster

 Da una grande maestra della narrativa fantastica, pi? volte vincitrice del premio Hugo, un potente racconto di mistero, magia e tradimento. Il destino di un cavaliere, della sua stirpe e di un regno tormentato. Provato nel corpo e nello spirito da una lunghissima prigionia, il comandante Lupe dy Cazaril ritorna nel regno di Chalion, in cui aveva servito come paggio, e viene nominato tutore di Royesse, bella e intelligente sorella dell’erede al trono. Ma quell’occasione di riscatto si trasforma presto in un incubo, poich? Cazaril scopre che a corte proprio quegli uomini che lo hanno tradito ora occupano posti di grande potere. E scopre soprattutto che l’intera stirpe di Chalion ? gravata da una terribile maledizione, che non pu? essere annullata se non con la magia pi? nera…

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Parlare fu un errore, perché le vibrazioni così prodotte ridestarono il dolore al ventre. Il fatto stesso che potesse parlare, tuttavia, indicava che la spada non gli aveva trapassato un polmone… Comunque non gli andava d’immaginarsi quanto gli avrebbe fatto male tossire e sputare sangue, in quello stato.

Allora è una ferita al ventre, pensò. Morirò entro tre giorni.

Già poteva avvertire un vago sentore di feci che si mescolava all’odore della carne bruciata e al profumo che la Dea si era lasciata alle spalle, e sentiva singhiozzi…

Eppure… quel lezzo di feci non proveniva dal suo corpo. Il capitano baociano, raggomitolato su un fianco a poca distanza da lui, le braccia strette intorno alla testa, stava piangendo, benché non sembrasse ferito. D’altro canto, era stato il testimone vivente più vicino, e la Dea, al suo passaggio, doveva averlo sfiorato.

Dopo un istante, Cazaril si azzardò a trarre un altro respiro. «Che cosa avete visto?» chiese a dy Cembuer.

«Quell’uomo… era dy Jironal?»

Con un movimento del capo appena percettìbile, Cazaril annuì.

«Quando vi ha trafitto, c’è stato un crepitio infernale, poi lui è esploso in lingue di fuoco azzurro. È… sono stati gli Dei ad abbatterlo?»

«Non proprio. È… una cosa più complicata…»

Notando che sul cortile era sceso uno strano silenzio, Cazaril si azzardò a girare la testa, scoprendo che una mezza dozzina dei bravacci di dy Jironal e alcuni servitori di Iselle erano distesi al suolo, alcuni intenti a borbottare, altri in pianto, come il capitano baociano. Gli altri erano scomparsi.

Cazaril cominciava a capire perché un uomo dovesse rinunciare per tre volte alla propria vita per compiere quel miracolo… e pensare che aveva giudicato arbitrario e cavilloso il comportamento degli Dei, ritenendo che stessero infliggendo agli uomini qualche arcana punizione! No, le prime due morti gli erano servite per esercitarsi! Nella prima, la fustigazione subita sulla galea, aveva imparato ad accettare la morte del corpo… No, non aveva sbagliato i calcoli: quando si era verificata quella morte, essa non si poteva considerare a beneficio della Casa di Chalion, però era diventata utile proprio a Chalion nel momento in cui il matrimonio tra Iselle e Bergon era stato consumato. La loro unione, che aveva ripartito in modo così orribile la presenza della maledizione, aveva ripartito anche i sacrifici. Era stata quella la dote segreta portata da Bergon, e Cazaril sperava soltanto di vivere abbastanza a lungo da riuscire a riferirglielo, perché era certo che gli avrebbe fatto piacere. La seconda accettazione, quella della morte dell’anima, era avvenuta in solitudine, con l’unica compagnia dei corvi della Torre di Fonsa. Così, quand’era giunta la morte definitiva, lui aveva potuto offrire alla Dea un collaboratore saldo e affidabile…

Un umile parallelismo che riguardava l’addestramento dei muli gli stava affiorando nella mente allorché un rumore di passi lo riscosse dai suoi pensieri. Nel sollevare lo sguardo, vide dy Tagille, affannato, in disordine, ma con la spada nel fodero, entrare di corsa nel cortile e precipitarsi verso di loro, per arrestarsi poi di colpo. «Per l’inferno del Bastardo», imprecò, quindi spostò lo sguardo sul suo compagno ibrano e domandò: «Tu stai bene, dy Cembuer?»

«Quei figli di cani mi hanno rotto di nuovo il braccio. È lui, quello nelle condizioni peggiori. Cosa succede là fuori?»

«Dy Baocia ha raccolto i suoi uomini e ha scacciato gli invasori dal palazzo. Per adesso è ancora tutto molto confuso, ma pare che i sopravvissuti stiano attraversando di corsa la città per arrivare al Tempio.»

«Decisi ad attaccarlo?» domandò dy Cembuer, in tono allarmato, lottando per rialzarsi.

«No, per arrendersi a uomini armati che non cerchino di farli a pezzi», spiegò dy Tagille. «Sembra che tutti i cittadini di Taryoon siano scesi in strada per dare loro la caccia, e le donne sono le peggiori. Per l’inferno del Bastardo», ripeté poi, fissando i resti fumanti di dy Jironal. «Alcuni soldati chalionesi stavano urlando e farfugliando di aver visto dy Jironal abbattuto da un lampo scaturito da un cielo limpido, per il sacrilegio di aver scatenato una battaglia nel Giorno della Figlia… e io non ci avevo creduto.»

«L’ho visto anch’io», affermò dy Cembuer. «C’è stato un fragore spaventoso, e lui non ha avuto neppure il tempo di gridare.»

Trascinato il cadavere un po’ più lontano, dy Tagille s’inginocchiò davanti a Cazaril, fissando con timore il suo stomaco trafitto e spostando poi lo sguardo sul suo volto. «Lord Cazaril, dobbiamo estrarre questa spada ed è meglio farlo subito», disse.

«No… aspettate…» ansimò Cazaril, che aveva visto un uomo trafitto da una quadrella di balestra sopravvivere per mezz’ora, finché la quadrella non era stata estratta, provocando un’emorragia che l’aveva ucciso quasi all’istante. «Prima voglio vedere Lady Betriz.»

«Mio signore, non potete restare li seduto con una spada in corpo!»

«Ecco, di certo non mi posso muovere…» obiettò Cazaril.

Lo sforzo di parlare gli provocò un ansito, il che non era un buon segno, e il gelo che lo pervadeva aumentò, strappandogli un brivido. D’altro canto, il dolore che avvertiva non era devastante come lui si era aspettato, forse perché era riuscito a rimanere del tutto immobile. E finché continuava a non muoversi, le fitte non erano peggiori dei crampi causatigli da Dondo.

Nel cortile giunsero altri uomini, accompagnati da un accavallarsi di voci, dalle grida dei feriti e da un ripetersi di storie che venivano riferite in toni sempre più acuti. Ignorando ogni cosa, Cazaril tornò a concentrarsi sul ciottolo, chiedendosi come fosse arrivato fin lì e cosa fosse stato prima di diventare un ciottolo… Una roccia? Una montagna? E dove? Quanti anni aveva impiegato a mutarsi in un ciottolo? Quella contemplazione gli riempiva la mente… E se un semplice ciottolo poteva assorbirlo a tal punto, che effetto avrebbe avuto su di lui una montagna? Gli Dei ospitavano nella loro mente le montagne, e tutto il resto, contemporaneamente, dedicando a ogni cosa la stessa attenzione che lui aveva per una cosa sola. Aveva avuto modo di vederlo, attraverso gli occhi della Signora, e se avesse sopportato quello spettacolo per più di una frazione infinitesimale di secondo, la sua anima sarebbe esplosa. Anche così, la sentiva stranamente estesa, e cominciava a chiedersi se quella fugace occhiata fosse stata un dono o soltanto un caso.

«Cazaril?»

Una voce tremula, quella che stava aspettando di sentire. Cazaril sollevò lo sguardo e scoprì che, se il ciottolo era affascinante, il volto di Betriz era stupefacente. Sarebbe rimasto ore intere ad ammirare la struttura del suo naso… Si disinteressò all’istante del ciottolo, concentrandosi su quella cosa splendida. Poi però notò le gocce trasparenti che colmavano gli occhi castani della dama e il pallore del volto. La cosa peggiore, tuttavia, era che le sue fossette sembravano scomparse. «Eccoti qui», mormorò, con voce roca ma felice. «Baciami subito.»

Deglutendo a fatica, Betriz s’inginocchiò, avanzò verso di lui sulle ginocchia e protese il collo. Il profumo delle sue labbra non aveva nulla a che vedere con quello della Dea, ma era molto gradevole. Quelle labbra erano poi così calde che lui vi premette contro le proprie, gelate, per attingere al calore e alla giovinezza che emanavano. Aveva nuotato nei miracoli ogni giorno della sua vita e non se n’era neppure reso conto. «D’accordo», disse, ritraendo la testa. Non aggiunse: «Così è sufficiente», perché non lo era affatto. «Ora potete estrarre la spada», ordinò.

Alcuni uomini gli si accalcarono intorno, per lo più sconosciuti dall’aria preoccupata. Asciugandosi gli occhi, Betriz cercò di assestargli la tunica, poi si alzò e gli rimase accanto, mentre qualcuno afferrava le spalle di Cazaril, un paggio teneva pronto un tampone di stoffa da premere sulla ferita, e qualcun altro si preparava a porgere delle bende per fasciargli il torso.

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