Il quinto giorno

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Il quinto giorno
Название: Il quinto giorno
Автор: Schatzing Frank
Дата добавления: 16 январь 2020
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Il quinto giorno - читать бесплатно онлайн , автор Schatzing Frank

Gennaio, costa del Per?. Il povero pescatore Juan non crede ai suoi occhi: dopo lunghe settimane di magra, si stende davanti a lui un enorme banco di pesci. Ma il terrore cancella ben presto la felicit?: i pesci, muovendosi come un unico essere, distruggono la rete, ribaltano la barca e impediscono all'uomo di raggiungere la superficie.

Marzo, Norvegia. A bordo di una nave oceanografica un biologo e una scienziata osservano milioni di "vermi" luminescenti che sembrano aver invaso lo zoccolo occidentale. Da dove vengono? Cosa sono?

Pochi giorni dopo, Canada. Un gruppo di balene attaccano la Barrier Queen e la affondano. Il mondo intero sar? drammaticamente coinvolto in questi avvenimenti in apparenza cos? lontani tra loro.

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«Lo smentiscono?»

«Non hanno fatto che smentire per anni interi. Ora, però, sono stati costretti ad ammettere le loro responsabilità, almeno in alcuni casi. Il problema è che ne sappiamo ancora troppo poco. Conosciamo solo i danni subiti dalle balene morte e ognuno sviluppa la propria teoria. Lanwick, per esempio, crede che i rumori sottomarini possano portare anche alla follia collettiva.»

«Non ha senso», brontolò Anawak. «Il rumore toglie il senso dell'orientamento, non porta ad attaccare le navi, ma a spiaggiarsi.»

«Mi sembra che la teoria di Fenwick sia degna di attenzione», disse Alicia.

«Ah, sì?»

«Perché no? Gli animali vanno fuori di testa. Prima solo alcuni, poi sempre di più, fino a una sorta di psicosi di massa.»

«Non dire fesserie! Sappiamo di mesoplodonti che si sono spiaggiati alle Canarie dopo che la NATO ha portato a termine le sue esercitazioni. Nessun animale è più sensibile al rumore dei mesoplodonti. Certo che sono andati fuori di testa. Presi dal panico, non hanno trovato altra soluzione che uscire dal loro elemento, e così sono finiti sulla spiaggia. I cetacei scappano dal rumore.»

«Oppure attaccano chi lo emette», rispose Alicia, cocciuta.

«Chi? Gommoni e fuoribordo? Che rumore sarebbe?»

«Allora sarà stato qualche altro rumore. Esplosioni sottomarine.»

«Non qui.»

«Come fai a saperlo?»

«Lo so.»

«Devi sempre avere ragione.»

«Questo lo dici tu!» sbottò Anawak.

«Inoltre gli spiaggiamenti ci sono sempre stati, da secoli. Anche nella British Columbia. Ci sono tradizioni orali…»

«Lo so. Lo sanno tutti.»

«E allora? Anche gli indiani avevano il sonar?»

«Si può sapere che c'entra tutto questo col nostro argomento?»

«Eccome se c'entra. Gli spiaggiamenti delle balene possono essere strumentalizzati senza riflettere sulle conseguenze e…»

«Quindi io non rifletto?»

Alicia lo fulminò con un'occhiata. «Quello che voglio dire è semplicemente che gli spiaggiamenti delle balene non dipendono per forza da rumori prodotti artificialmente. E viceversa, il rumore può portare anche a conseguenze diverse dagli spiaggiamenti.»

«Ehi!» Palm sollevò le mani. «State litigando inutilmente. Lo stesso Fenwick, negli ultimi tempi, si è reso conto che la sua teorìa del rumore è tutt'altro che solida, riguarda sempre la follia collettiva, ma… Volete ascoltarmi?»

Lo guardarono.

«Allora», proseguì Palm dopo essersi assicurato la loro completa attenzione. «Fenwick e Sue Oliviera hanno trovato il coagulo e hanno concluso che si trattava di una deformazione dovuta a un'influenza esterna. In superficie appariva come un'emorragia e, all'inizio, l'hanno considerata tale. Poi hanno isolato la sostanza e l'hanno sottoposta ai soliti esami. Hanno scoperto che la sostanza era soltanto intrisa del sangue della balena. La sostanza in sé era una massa senza colore che si è decomposta all'aria.» Palm si chinò in avanti. «Sono comunque riusciti a esaminarne alcuni residui. I risultati coincidono con quelli di un test su campioni di alcune settimane fa. Avevano già visto quella sostanza nella testa delle balene. A Nanaimo.»

Anawak rimase in silenzio per qualche secondo. «E di che si tratta?» chiese con voce roca.

«Della stessa cosa che hai trovato tra le conchiglie sullo scafo della Barrier Queen.»

«La sostanza sul cervello delle balene e quella dello scafo della nave…»

«Sono identiche. È la stessa sostanza. Materia organica.»

«Un organismo estraneo», mormorò Anawak.

«Qualcosa di estraneo, sì.»

Sebbene fosse in piedi solo da poche ore, Anawak si sentiva sfinito. Tornò a Tofino con Alicia. Salirono la scaletta del molo, ma il ginocchio gli ostacolava i movimenti e gli rendeva difficile addirittura pensare con chiarezza. Si sentiva disperato, depresso e abbandonato alla mercè di una situazione inquietante.

A denti stretti, Anawak raggiunse zoppicando la Davies Whaling Station, prese una bottiglia di succo d'arancia dal frigorifero e si lasciò cadere su una poltrona dietro il bancone. Nella sua mente, i pensieri s'inseguivano in un girotondo assurdo, come quello di un cane che cerca di afferrarsi la coda.

Alicia gli si avvicinò. Si guardò intorno, indecisa.

«Prenditi qualcosa.» Anawak indicò il frigorifero. «Quello che vuoi.»

«La balena che ha abbattuto l'idrovolante…» iniziò lei.

Anawak aprì la bottiglia e bevve una lunga sorsata. «Scusa se non posso farlo io. Come ti ho detto, serviti pure.»

«Si è ferita, Leon. Forse è morta.»

Anawak rimase qualche secondo a riflettere. «Sì», disse infine. «È probabile.»

Alicia si avvicinò a uno scaffale su cui erano allineati vari modelli in plastica di balene. Ce n'erano di tutte le dimensioni: alcune erano lunghe un pollice, altre avevano le dimensioni di un avambraccio. Diverse megattere si reggevano sulle pinne pettorali. Lei ne prese una e la rigirò tra le dita. Anawak la guardava allarmato.

«Non lo fanno volontariamente», disse Alicia.

Lui si grattò la fronte. Poi si chinò in avanti e accese il piccolo televisore portatile vicino alla radio. Forse se ne sarebbe andata senza bisogno di chiederglielo. Non aveva nulla contro di lei. In fondo si vergognava del suo umore nero, del suo comportamento scorbutico e scostante, ma il bisogno di restare solo cresceva di minuto in minuto.

Alicia ripose la balena di plastica sullo scaffale. «Posso farti una domanda personale?»

Di nuovo! Anawak stava per darle una risposta brusca, poi invece si limito a scrollare le spalle. «Per me…»

«Sei un makah?»

Per la sorpresa, quasi gli cadde la bottiglia dalle mani. Era quello che gli voleva chiedere. Voleva sapere perché somigliava a un indiano. «Cosa te lo fa pensare?» sbottò.

«Poco prima che l'aereo partisse, hai detto una cosa a Shoemaker e cioè che Greywolf avrebbe avuto dei problemi coi makah perché si era scagliato così violentemente contro la caccia alle balene. I makah sono indiani, vero?»

«Sì.»

«È la tua gente?»

«I makah? No. Non sono un makah.»

«Sei…»

«Senti… Non prendertela, ma non sono in vena di raccontare storie di famiglia.»

Lei strinse le labbra. «Okay.»

«Ti chiamo non appena Ford si mette in contatto.» Anawak fece un sorriso stentato. «O mi chiami tu. Forse chiamerà ancora te per non svegliarmi.»

Alicia scosse la chioma rossa e si avviò lentamente verso la porta. Lì si fermò. «Ancora una cosa», mormorò, senza voltarsi. «Deciditi a ringraziare Greywolf per averti salvato la vita. C'ero anch'io, ho visto cos'è successo.»

«Tu eri…» sobbalzò.

«Sì. Certo. Puoi detestarlo per tutto il resto, però merita di essere ringraziato. Senza di lui saresti morto», disse. E se ne andò.

Anawak la seguì con lo sguardo. Sbatté la bottiglia sul tavolo e respirò profondamente.

Ringraziare Greywolf.

Era sempre seduto e, facendo zapping, trovò una delle tante edizioni speciali trasmesse in quei giorni sulla situazione al largo della British Columbia. Dagli Stati Uniti si ricevevano trasmissioni analoghe. Gli attacchi avevano di fatto paralizzato il traffico navale regionale. Nello studio televisivo c'era una donna con indosso la divisa della Marina. Aveva i capelli neri e corti pettinati all'indietro. Il volto dai tratti asiatici denotava una bellezza severa. Forse la donna era cinese. No, era una mezza cinese. C'era un dettaglio decisivo che stonava col resto. Erano gli occhi: chiari, acquamarina, assolutamente non asiatici. In sovrimpressione c'era scritto: Generale comandante JUDITH LI, US NAVY.

«Dobbiamo considerare perse le acque della British Columbia?» stava chiedendo l'intervistatore. «Considerarle, come dire, restituite alla natura?»

«Non credo che dobbiamo rendere qualcosa alla natura», rispose Judith Li. «Viviamo in armonia con la natura, anche se ci sono alcune cose da migliorare.»

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