Lanno del contagio
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Per la giovane Kivrin, che si prepare a studiare dal vivo una delle epoche pi? oscure della storia, regno della paura, della superstizione e di tremendi flagelli, viaggiare nel tempo ? un'esperienza unica e affascinante, ma in fondo non troppo difficile: l'importante ? prepararsi con cura e osservare scrupolosamente tutte le regole perch? il suo improvviso arrivo nel XIV secolo risulti plausibile e, soprattutto, passi inosservato. Il resto ? compito di una straordinaria tecnologia che rende possibile un simile trasferimento temporale. Tuttavia il suo viaggio nel Medioevo, dove l'esistenza quotidiana ? un'avventura per la sopravvivenza e dove si sta scrivendo un nuovo libro dell'Apocalisse, sar? molto pi? che la realizzazione di un sogno.
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Molte delle idee originali per le mie storie vengono da libri per i quali provo il più profondo disprezzo. È come per i suonatori di campane… si eseguono delle variazioni, si mettono insieme tutte le possibili combinazioni e risposte possibili e questo rende la storia originale, anche se affronta tematiche vecchie e sfruttate. In "Firewatch" [1982; "Servizio antincendio"], ad esempio, gran parte della vicenda non è altro che una risposta personale agli errori commessi, a mio giudizio, dai protagonisti delle storie sui viaggi nel tempo. E questo aspetto è presente, in parte, anche in Doomsday Book. Mi è capitato spesso di sentir affermare: «Ecco, questa è la pronuncia del Middle English». Ma come fanno a saperlo? Non sappiamo neppure l'esatta pronuncia delle parole di quarant'anni fa. Si può parlare fino a domani delle leggi di rotazione consonantica e via discorrendo, ma non esiste una trascrizione fonetica di come parlava la gente. E in tutti i libri sui viaggi nel tempo, i personaggi imparano qualche antica lingua e poi se ne vanno allegramente a conversare con Sofocle. Secondo me questa è pura follia. Faremmo già fatica a capirci se tornassimo indietro di cinquant'anni, figuriamoci in un paese straniero. È chiaro però che su queste basì un libro non può reggere, perché a un certo punto i personaggi devono dialogare, e allora bisogna trovare una soluzione. Anch'io ho usato il solito vecchio espediente e alla fine Kivrin parla con la gente. Ma si tratta di un espediente narrativo: non sono affatto convinta che nella realtà si possa davvero stabilire un dialogo, se non dopo aver faticosamente imparato la lingua daccapo.
Il viaggio nel tempo è per me il tema per eccellenza, anzi potrei passare il resto della vita a scrivere solo storie sui viaggi nel tempo (ma non lo farò, state tranquilli!) perché è un campo così ricco, così fertile. Però, chiamo Dio a testimone, non scriverei mai racconti di storia alternativa. Non mi piace. La storia è così complicata, piena di coincidenze, casi fortuiti ed altri mancati di un soffio, eventi strani che nessuno sarebbe riuscito a prevedere, che non credo esisterà mai un modello assoluto della storia. Il problema con la storia alternativa è proprio questo, che non è storia. Più leggo la storia, è più sono portata a credere che esista una sorta di forza guida, perché è piena di eventi mancati per un pelo.
Il mio romanzo parla di un salvataggio, di persone che arrivano e di altre che alla fine non arrivano, di promesse che non possono essere mantenute e di altre promesse mantenute invece a tutti i costi. Spiega come si comporta la gente quando è disperata e come riesca miracolosamente a superare questa situazione d'impotenza e capire la condizione umana. E al tempo stesso, su un altro piano, per me rappresenta davvero la fine del mondo. Mia madre morì quando avevo dodici anni e con lei il mondo finì. Per usare l'espressione di Katherine Ann Porter in Pale Horse, Pale Rider [1939; Bianco cavallo, bianco cavaliere], è come se un coltello avesse tagliato a metà la mia vita. Sono sicura che nel libro c'è anche questo, anzi, forse il libro è proprio tutto qui. Immagino sia questa la ragione per cui a volte mi arrabbio quando qualcuno da me si aspetta che esprima la realtà dell'essere donna. Questi sono gli avvenimenti importanti della mia vita e credo non abbiano la minima relazione con il fatto di essere donna. Ne hanno invece con il fatto di essere stata bambina. E sono queste le storie che ho bisogno di raccontare.
Doomsday Book è un gigantesco albatross che mi è rimasto appollaiato su una spalla per cinque anni e quando finalmente me ne sono liberata è stato un sollievo. Ho potuto rimettere i piedi per terra. È stata una sensazione stupenda quando ho terminato il libro, non solo perché finalmente era finito, ma perché ero riuscita a raccontare proprio quella storia. Quando si vivono certe esperienze, c'è il desiderio comunicarne gli errori, la bellezza e la gioia. Sono come il Vecchio Marinaio, catturo la gente, sono sempre stata così.
Nel mio prossimo libro, invece, farò l'esatto contrario. Non sarà un seguito, anche se avrà la stessa premessa, il viaggio nel tempo. La commedia per me non è solo qualcosa che fa ridere, che è spiritosa; commedia per me è il lato positivo di tutte le cose. È riconciliazione, unione, comunicazione, il non prendersi troppo sul serio. Proprio questo è il grande problema degli anni novanta: che tutti si prendono troppo sul serio. Perciò voglio scrivere un romanzo profondamente comico e voglio che parli di tutti i lati positivi della vita. Il protagonista, sbalestrato da troppi viaggi avanti e indietro nel tempo, comincia a mostrare segni di depressione e viene mandato per una breve licenza nell'Inghilterra vittoriana, un periodo che si presume tranquillo e riposante, mentre era a tutti gli effetti molto simile al nostro, perché anche lì tutti si prendevano molto, ma molto sul serio: lo spiritualismo, i dibattiti sul darwinismo e altre amenità del genere. E le donne cominciavano ad uscire dal bozzolo nel quale gli uomini erano riusciti a tenerle rinchiuse fino ad allora.
I tempi sono maturi per dare spazio alla commedia, ed è al tempo stesso il momento migliore e il momento peggiore per farlo. C'è in giro un sacco di ottimo materiale, ma nessuno riesce più a scherzare su nulla. Siamo tornati ad essere come i vittoriani, ed è così scoraggiante. Tutti sono così virtuosi e moralisti. In questo nuovo libro potrò sparare a zero su tutte le persone e su tutte le cose che a mio parere hanno bisogno di scendere di qualche gradino. E potrò dire quello che penso sulla ricostruzione della cattedrale di Coventry, su Tre uomini in barca e sul darwinismo.
Ma anche se penso già a un nuovo romanzo, non ho smesso di considerarmi una scrittrice di racconti. Mai, anche se questo dovesse significare la fine della mia carriera, abbandonerò i racconti e i romanzi brevi, perché quella è la dimensione più vicina al mio cuore. Secondo me il futuro è molto più attraente se intravisto appena dal buco della serratura. Si punta un riflettore su un minuscolo aspetto del futuro, del passato, degli alieni, di quello che volete, e si colgono dei brevi accenni sul quadro complessivo che si nasconde dietro di essi. È molto più efficace che disegnare tutto il panorama. Non c'è niente di interessante in un mondo ricostruito da cima a fondo, fin nei minimi particolari. Il racconto breve, invece, si spinge oltre, offre risonanze più ampie, si ammanta di un'aura che ingigantisce la portata del testo al di là delle sue effettive dimensioni.
Nel campo della narrativa breve, mi piacciono un sacco John Crowley e Howard Waldrop: adoro tutto ciò che scrivono. Di Crowley apprezzo molto anche i romanzi. Anche se insisto molto sui personaggi e sulla trama, ho sempre preferito le storie di fantascienza con delle idee davvero interessanti. Ed è ancora così. Ma non so perché non scrivo quel genere di fantascienza. Mi piace quasi tutto quello che scrive Pat Cadigan e adoro le commedie di Eileen Gunn, che ha un vero dono per la malignità più sottile. E mi piace molto anche John Kessel.
Adesso sto scrivendo una storia che è la mia risposta a Balla coi lupi, un film contro il quale ho strepitato per settimane, rischiando di farmi cacciare da Greeley, Colorado, dove invece tutti lo adoravano. Cercherò di offrire la mia immagine del West, anche se in realtà la storia si svolgerà nello spazio e affronterà il tema di ciò che veramente accade quando una tecnologia avanzata ne incontra una più arretrata, e quali sono le vere responsabilità. Non credo che si possa ridurre tutto a uno scenario di vincitori e vinti e secondo me è folle dare una lettura di questo tipo. Cinque o sei anni dopo il massacro di Custer, Toro Seduto partecipava al Wild West Show di Buffalo Bill, firmava autografi, sfilava in parata ed era corteggiato da sindaci, governatori e presidenti. Questa mi sembra davvero una follia. E così ho pensato di scrivere la mia versione sul tema "conquistiamo-gli-alieni", che non avevo mai affrontato prima. Ci sono tantissimi generi di storie che voglio scrivere; le idee spuntano come funghi e mi diverto a giocare con tutte quante.